Arriva dal Regno Unito - che in teoria dall'Ue avrebbe dovuto essere già fuori a tre anni dal referendum del 2016 - la grande ondata sovranista di queste elezioni...
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Elezioni europee: i sovranisti non sfondano. Ppe e Pse senza maggioranza. Boom dei Verdi
Sul fronte dei pro Remain irriducibili - aggrappati alla richiesta di una rivincita referendaria - crescono pure i Verdi, meglio dei conservatori all'11%. Mentre delude Change Uk, neonata forza centrista formata da un'improvvisata fusione di transfughi di Tory e Labour e si consolidano semmai nei rispettivi territori gli indipendentisti scozzesi dell'Snp e gallesi di Plaid Cymru: ostili al divorzio da Bruxelles, favorevoli a quello da Londra.
I risultati, arrivati a scoppio ritardato sull'isola, dove in effetti si è votato giovedì 23, ma con scrutinio congelato fino alla chiusura delle urne in tutti gli altri 27 Paesi, sono il frutto in effetti di un contesto molto particolare e per certi versi casuale. Trattandosi di una consultazione segnata da un'affluenza storicamente molto più bassa rispetto al voto nazionale (quest'anno solo in leggera ascesa attorno al 37%), dal sistema di voto proporzionale totalmente diverso rispetto a quello nazionale e da un contesto monotematico: sullo sfondo di quella polarizzazione 'Brexit sì-Brexit no' che l'impasse parlamentare sulla ratifica dell'addio all'unione mantiene viva.
Una consultazione destinata comunque a condizionare nelle prossime settimane la corsa alla successione di Theresa May alla guida del partito conservatore e poi del governo. E a rafforzare inevitabilmente le chance dei candidati euroscettici, Boris Johnson in testa, dato il salasso di voti Tory verso Farage.
La delusione viene del resto a galla pure per Labour, dalle cui file John McDonnell, cancelliere dello Scacchiere ombra (e braccio destro di Corbyn, che proprio oggi compiva 70 anni), aveva evocato ancor prima dell'apertura delle urne «una bella legnata».
Il Gazzettino