NEW YORK – I primi assegni del pacchetto di stimolo votato per aiutare il Paese a reggere alla crisi del coronavirus stanno arrivando nei conti correnti degli...
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Ma ecco che le spoglarelliste d’America scedono in campo. Anche loro pagano le tasse, anche loro sono cittadine americane, anche loro hanno famiglia. E su di loro si regge un’industria che fattura oltre 8 miliardi di dollari all’anno e che dà lavoro a quasi 60 mila persone, incluso baristi, tecnici delle luci e del suono, buttafuori, cameriere.
Jason Mohney, padrone di una catena di 25 locali di spogliarello, ha denunciato la «discriminzione» ai loro danni e ha deciso di far causa al governo federale: «Noi siamo parte di una squadra, siamo una famiglia, e ora con un battito di ciglia, per via del lockdown siamo tutti senza lavoro. Non possiamo risollevarci da una crisi come questa. E’ un incubo».
L’unica speranza di poter risorgere quando il Paese si rimetterà in moto erano i prestiti che il governo federale sta estendendo a migliaia e migliaia di aziende. Solo che i locali di spogliarello non sono inclusi nella pioggia di soldi che sta cadendo su tutti: «Le banche neanche ci permettono di riempire le domande di aiuto» ha lamentato l’avvocato Bradey Shafer, che difende gli interessi di un locale di Flint, nel Michigan, il “Little Darlings” (Piccole Dolcezze).
Secondo l’avvocato le regole imposte dalla legge sono in violazione della Costituzione, perché discriminano contro un’attività protetta dal Primo Emendamento, che sancisce le libertà essenziali, inclusa quella di espressione.
I club nel frattempo sono chiusi. Come scherza il tweet del Little Darlings: «We are clothed», un gioco di parole fra «We are closed» (Siamo chiusi) e «We are clothed» (Siamo vestiti).
E l’amarezza è anche più profonda, se si pensa che finalmente dopo un lungo periodo di crisi il settore aveva goduto di cinque anni di crescita e si preparava a una stagione particolarmente promettente: «Lavori tutta la vita per costruire qualcosa e di colpo ti trovi a dover ricominciare tutto daccapo» protesta Jason Mohney.
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Il Gazzettino