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Un mese in più. Il governo Meloni prende e ottiene tempo dalla Commissione europea per il Pnrr. Scadenza rinviata: dal 31 marzo al 30 aprile. È questa la nuova data entro cui l'Ue dovrà decidere se l'Italia ha centrato tutti e 13 gli obiettivi relativi alla terza rata del Piano da 19 miliardi di euro. Alla vigilia della cabina di regia convocata oggi a Palazzo Chigi - in agenda anche l'integrazione del capitolo energetico del piano, il Repower EU - la maggioranza esulta per una proroga che ridà ossigeno, ottenuta grazie alla trattativa del ministro Raffaele Fitto con il Commissario Ue all'Economia Paolo Gentiloni in un incontro a margine del Consiglio europeo. Il cielo è sereno tra Roma e Bruxelles, assicurano dall'esecutivo, il rinvio è dovuto solo ad ulteriori «attività tecniche di campionamento e verifica». La nota di Chigi prosegue nell'ordine con un'ammissione e un'accusa. La prima: rispettare la tabella di marcia europea non sarà una passeggiata. La seconda: i ritardi si devono alle scelte del governo Draghi. Tre infatti i target per cui la Commissione ha concesso più tempo, e tutti e tre hanno a che fare con misure «approvate dal precedente governo». Le concessioni portuali di cui l'Ue vuole «limitare la portata massima». Le reti di teleriscaldamento: la Commissione ha «messo in dubbio l'ammissibilità di alcuni interventi». Infine i Piani urbani integrati che vedono due interventi sotto la lente Ue: investimenti per il Bosco dello Sport di Venezia e lo Stadio Artemio Franchi di Firenze. Spiegano i tecnici al lavoro sul piano che il rinvio di un mese fa comodo tanto a Roma quanto a Bruxelles. La Commissione ha fatto sapere che in presenza di un decreto legge non avrebbe erogato i fondi. Non si fida della decretite italiana che vede i testi approvati cambiare pelle subito dopo in Parlamento. E di certo il governo non sarebbe riuscito a convertire in legge il decreto Pnrr entro tre giorni. D'altro canto, all'Italia la proroga conviene. Avrebbe altrimenti rischiato di incassare una rata più magra. Alla Lituania, che all'ultima scadenza si è presentata con 32 obiettivi raggiunti su 34, la Commissione ha tagliato di un quinto i fondi. Adesso però bisogna mettersi «alla stanga» come ha detto Sergio Mattarella e superare ostacoli e angherie sulla strada del piano europeo. Ne elenca diverse la relazione semestrale che oggi presenterà la Corte dei Conti: dai ritardi dei Comuni - a dicembre avevano presentato progetti per 29 miliardi di euro, ben al di sotto dei 40 miliardi allocati - al progetto, per ora messo da parte, di uno "scudo erariale" per gli amministratori pubblici. Critiche ingenerose agli occhi del governo, convinto di aver ereditato un piano mal scritto e mal pensato. Intanto però l'esecutivo pensa a nuovi ritocchi.
Si parte dalla stretta sui controlli antimafia, anche questo un punto sollevato dai magistrati contabili: saranno estesi di tre anni, fino al dicembre 2026, e rafforzati i poteri istruttori dei Gruppi interforze antimafia presso le prefetture.
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Il Gazzettino