Il governo italiano, al contrario di quello francese che possiede quasi il 13% di Peugeot, non ha quote azionarie in Fiat-Chrysler (Fca). E tuttavia a avrebbe molti titoli per...
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Conte, criticato dalla Fiom per il suo ruolo di «semplice osservatore», ora vorrebbe recuperare: «Fermo restando che è un'operazione di mercato, il governo non può restare indifferente rispetto a un progetto industriale così importante». E ai vertici di Fca il presidente del Consiglio è determinato a chiedere che «sia assicurata la produttività e la continuità aziendale in Italia. Se ci sono economie di scala, ben vengano, ne beneficeranno entrambi i gruppi, ma l'importante è che garantiamo il livello di occupazione e gli investimenti in Italia».
I PALETTI DEL MISE
Patuanelli, nel ruolo di ministro competente sul dossier, dà maggiori dettagli dell'allert lanciato dal governo: «Chiederemo ovviamente a questo nuovo gruppo di garantire la continuità del piano industriale che Fca aveva previsto nel nostro Paese con tutti gli investimenti previsti negli stabilimenti». Circa 5 miliardi. Ancora: «È ovvio che l'unione di questi due grandi gruppi costituirà il quarto colosso mondiale di produzione delle automobili, ci potranno essere delle economie di scala rispetto ai costi. Ebbene, noi richiederemo che queste economie e questa riduzione di costi non si ripercuota poi sulle previsioni industriali negli stabilimenti italiani e quindi che non vadano a incidere sui lavoratori del nostro Paese».
Patuanelli fa anche sapere che di non avere «ancora incontrato» i vertici di Fca. Ciò fa pensare che a breve il ministro dello Sviluppo possa convocare Elkann. Ma al Mise fanno filtrare che al momento non è previsto alcun incontro con lo stato maggiore di Fca. E c'è un altro aspetto che irrita il governo. Ed è la scelta di Fca, legata a ragioni fiscali, di confermare la sede del nuovo gruppo in Olanda.
«L'ho già scritto in una lettera ufficiale ai rappresentanti delle istituzioni europee e ai miei omologhi dopo le elezioni europee, dobbiamo lavorare affinché all'interno dello spazio comune europeo non ci siano agevolazioni fiscali tali da rappresentare forme indirette di concorrenza sleale». Ancora: «Se in alcuni Paesi c'è un tale dislivello di costo di manodopera o agevolazioni fiscali si creano disarmonie e scorrettezze concorrenziali». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino