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VENEZIA - L'idea è condivisibile, la fattibilità meno. Gli obblighi imposti dall'Europa sull'efficientamento energetico del patrimonio immobiliare italiano (entro il 2033 gli edifici dovranno raggiungere almeno la classe D) scontentano un po' tutti. A partire dalle categorie che pongono l'accento sui rischio di deprezzamento del patrimonio immobiliare, con le ricadute sui mutui. Costruttori, proprietari e amministratori di condomini si riuniscono in un coro unanime in cui le perplessità non mancano. Ognuno per la sua parte di competenza, esprime infatti seri dubbi sulla fattibilità di poter spendere cifre che vadano dai trentamila-cinquantamila euro in su nell'arco temporale di meno di dieci anni per abbattere gli sprechi. Sebbene si capisca che un beneficio di fondo ci sia, è altrettanto difficile, in un momento storico come questo, ipotizzare a investimenti di tale portata su circa l'80 per cento delle abitazioni del territorio. Stime, perché è difficile capire davvero quante siano le abitazioni che hanno necessità di intervento, ma va da sé che tutto il patrimonio immobiliare costruito attorno agli anni sessanta e settanta richiederebbe interventi ad ampio raggio. «Le case della provincia sono costruite in gran parte nell'immediato dopoguerra, quello su cui però non si è ragionato è il rischio di svalutazione degli immobili. Tutto quello che non è in classe A o B sarà oggetto di un grosso deprezzamento sul mercato, anche degli affitti», esordisce Giovanni Salmistrari, presidente dell'Ance veneziana.
GLI EFFETTI
Il rappresentante dei costruttori ammonisce anche sugli effetti a cascata: «L'Ape (certificazione energetica) è obbligatorio, se c'è un deprezzamento, il rischio di un crollo immobiliare può portare anche ad altri problemi seri nei confronti dei mutui e delle banche.
«TASSI PIÙ ALTI»
Concorde Giuliano Marchi, di Confedilizia, che offre un ragionamento su quello che potrebbe accadere: «Gran parte dei proprietari acquistano con un mutuo e come garanzia viene fornito l'immobile in oggetto del prestito. Se l'immobile vale cento e gli si toglie quello che si deve investire, vuol dire che la garanzia diventa insufficiente, quindi serviranno o ulteriori garanzie, o aumenterebbero i tassi». Il timore è che quindi accedere a mutui possa diventare più difficoltoso, con il finanziamento che non raggiungerà più circa l'80 per cento del valore, ma che si fermi prima. «Deve cambiare la logica, da impositiva ad agevolante. Non si può obbligare, ma bisogna incentivare con bonus o altre strategie. Se no, di fatto, diventa un piccolo esproprio», conclude Marchi.
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Il Gazzettino