Il cantiere è ancora aperto, ma il ddl Concretezza che, tra le altre cose, dovrebbe portare alla riforma della dirigenza pubblica inizia a prendere forma. Con la legge...
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Queste tre sono le direttrici contenute nel primo testo che i tecnici di Palazzo Vidoni hanno messo appunto nelle scorse settimana. Una bozza che è già in fase di ritocco. Il riordino delle norme sulla dirigenza era uno degli ultimi tasselli che mancava alla riforma della Pa avviata dal Governo Renzi, ma dopo che la Corte Costituzionale ha messo in discussione l’intero impianto della legge Madia approvata nel 2015 non se n’è fatto più nulla. Nonostante la grande mole di interventi firmati dall’ex ministra Pd, la modifica delle regole sui manager statali è rimasta, dunque, un’eredità “monca” dei due governi passati. Come detto sarà il ministero di Giulia Bongiorno a mettere di nuovo mano al tema. Si tratta, nel dettaglio, di una delega all’Esecutivo che avrà probabilmente un anno di tempo per scrivere il decreto attuativo.
L’INDIPENDENZA
Come già aveva provato a fare la ministra Madia, si punta a «rafforzare il principio di separazione» tra politici e vertici amministrativi, che tradotto vuol dire: più indipendenza per i capi che, nelle loro decisioni, non dovranno essere influenzati dal rappresentante politico del Comune o dell’ente pubblico per il quale lavorano. Le nuove regole riguarderanno i premi in busta paga (con aumenti legati alle valutazioni e alle presenze in servizio) e le responsabilità del dirigente, che se colpevole di mancato controllo potrà incorrere addirittura nel licenziamento. Il presupposto – come nella vecchia riforma – rimane la rotazione degli incarichi.
La bozza, al momento, non specifica la durata massima (Madia la fissava a quattro anni più due) e forse per scendere nel dettaglio si dovrà aspettare il futuro decreto legislativo del Governo. Oltre al rispetto della parità di genere nell’assegnazione dei mandati, un’ipotesi sul tavolo è quella di istituire dei concorsi aperti solo ai lavoratori delle Pa che negli ultimi tre anni hanno ricevuto le valutazioni migliori. Un imbuto che permetterebbe di selezionare la migliore classe dirigente. Ma come verranno giudicati i capi pubblici? Potrebbero essere commissioni territoriali “neutre” ed esterne a compilare le pagelle e, allo stesso tempo, i cittadini a giudicare in base all’efficienza dell’ufficio.
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Il Gazzettino