Rivoluzione agli Oscar. Dopo la scomunica di Via col vento, considerato un film schiavista, l'esasperazione tutta americana del pensiero politicamente corretto si riverbera...
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LE CATEGORIE
Si tratta di una rivoluzione a 360 gradi perché riguarda tutti i momenti della realizzazione di un film, sia dietro le quinte sia sullo schermo. Donne, etnie diverse, persone con disabilità, esponenti del mondo Lgbtq dovranno necessariamente essere presenti in quattro categorie di rappresentazione prese in considerazione dal nuovo regolamento: davanti alla macchina da presa, nella troupe, nello studio cinematografico e nelle aree legate ad altri aspetti dello sviluppo e uscita in sala della pellicola.
Le nuove regole, stabilite da una task force dell'Academy guidata da DeVon Franklin e Jim Gianopoulos, storico capo della Fox oggi al vertice di Paramount, dettagliano scrupolosamente le quote di inclusione. Almeno uno degli attori principali (oppure impegnato in un ruolo secondario ma significativo) dovrà appartenere a un gruppo etnico sottorappresentato: nero-afroamericano, latino, indigeno, nativo americano, nativo dell'Alaska, mediorentale-nordafricano, hawaiano o altro isolano del Pacifico.
Almeno il 30 per cento dei ruoli secondari dovrà rispecchiare un gruppo «sottorappresentato» o, in alternativa, la storia dovrà essere incentrata su una vicenda che riguardi lo stesso gruppo. E almeno sei persone del team di lavoro dovranno essere scelte in base agli identici criteri così come la troupe e gli addetti alla distribuzione, al marketing e alla pubblicità, gli stagisti. L'«algoritmo» partorito dall'Academy non riguarda tutte le categorie degli Oscar ma solo quella del miglior film, che ogni anno esprime 10 finalisti. Ma a partire dal 2022, ogni candidatura alla categoria principale del premio dovrà essere accompagnata da una dichiarazione di accettazione degli standard.
La clamorosa riforma, prennunciata dai vertici dell'Academy già nel giugno scorso, è il punto di arrivo delle proteste scoppiate agli Oscar 2016, quando la mancata premiazione di Selma della regista afroamericana Ada DuVernay (sulle lotte per i diritti dei neri) e l'assenza di candidati di colore tra i 20 attori finalisti diedero origine al movimento di pressione #OscarSoWhite contro il premio «troppo bianco». La risposta fu, l'anno dopo, la vittoria di Moonlighting, un film tutto scritto, diretto, interpretato da afroamericani che ebbe la meglio sul favorito La La Land. Mentre l'allora presidente dell'Academy, Cheryl Isaac Bones, prendeva la decisione di includere nella giuria dei votanti più donne e più esponenti delle varie minoranze. Ora l'annuncio delle nuove regole, quasi un algoritmo che non mancherà di ripercuotersi sull'industria dei sogni messa in ginocchio dalla pandemia e già costretta a confrontarsi con i severissimi protocolli anti-covid.
LE CRITICHE
E il mondo del cinema si divide. Le prime reazioni sui social oscillano tra plauso e dissensi. Molti temono che i nuovi paletti possano mettere in pericolo la libertà di espressione. Come l'attrice Kristie Alley che ha definito senza mezzi termini «orwelliana» la decisione dell'Academy: «È una disgrazia per gli artisti di tutto il mondo», ha twittato. E altri si chiedono quanti dei film premiati con l'Oscar in passato avrebbero ricevuto la statuetta se avessero dovuto sottostare ai nuovi standard. A cominciare dal coreano Parasite trionfatore dell'edizione 2019.
Il Gazzettino