Marco Mengoni e la terapia, quale modello segue e come lo aiuta nella musica. Il parere della psicologa

Risponde Paola Medde, consigliera dell'Ordine degli psicologi di Roma

Marco Mengoni e la terapia
Da sette anni Marco Mengoni va in analisi. «La terapia con uno psicologo muove delle cose affinché tu trovi delle risposte», ha dichiarato il vincitore...

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Da sette anni Marco Mengoni va in analisi. «La terapia con uno psicologo muove delle cose affinché tu trovi delle risposte», ha dichiarato il vincitore della 73esima edizione di Sanremo. E anche la canzone che ha vinto il Festival nasce da lì. «Due Vite è la mia storia infinita - ha rivelato l'artista viterbese -, la storia del rapporto tra la razionalità e l'inconscio». Ma qual è il modello che segue e come lo potrebbe aver aiutato nel suo percorso professionale? Ne abbiamo parlato con Paola Medde, consigliera dell'Ordine degli psicologi di Roma.

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Mengoni ha parlato apertamente della terapia. Come lo ha aiutato?

Il fatto che ne parli significa che lui ne ha un'esperienza positiva e che per lui non rappresenta un tabù. Ed essendo un personaggio pubblico, seguito dai giovanissimi, aiuta a diffondere questa cultura dell'intervento psicologico non come qualcosa di cui vergognarsi, ma come qualcosa che offre delle risorse. La psicologia aiuta nella scoperta di sé. 

Marco Mengoni, chi è Davide Petrella: l'autore della canzone vincitrice di Sanremo (e anche di quella di Lazza)

Quale modello di segue?

Sembrerebbe approccio psicanalitico. E questo giustifica il riferimento all'inconscio e il tempo che dedica (ha parlato di due ore a settimana). Un modello freudiano-junghiano. Purtroppo, però, il paziente non conosce spesso quale tecnica sta seguendo.

La musica aiuta nella terapia?

Ha più effetti. Spesso ci serviamo della musica per creare degli stati emotivi. L'utilizzo di alcuni strumenti può favorire un determinato setting mentale, che sia di rilassamento, eccitazione o convivialità. Favorisce quindi l'attivazione di certi stati mentali. Ma nel caso di Mengoni c'è anche un testo (ndr, Due vite) che consente l'esplorazione dei pensieri e degli stati emotivi, aiuta ciascuno di noi a identificarsi e a fare un processo di elaborazione. Gli psicologi la chiamano metacognizione: pensare ai propri pensieri. Alcune parole espressa in un testo possono aiutare la lettura di alcuni nostri stati di coscienza. 

Da 7 anni va in analisi. Ci sono, però, pareri contrari. È giusto?

Dipende dall'utilizzo che facciamo della terapia. Lui utilizza l'incontro con lo psicologo come uno strumento per approfondire parti di sé, uno spazio in cui possa trovarsi con sé. Un luogo di approfondimento in una vita ricca di pressioni. Non terapia dunque come cura, ma anche come conoscenza di sé. 

Il costo dello psicologo può rappresentare un freno? 

Sicuramente ha un costo. E spesso non è fruibile all'interno del servizio sanitario nazionale per le lunghe liste d'attesa. Ma questo ci indica anche quanto bisogno in realtà ci sia. A livello nazionale abbiamo però il bonus psicologico e Vivere meglio. Nel Lazio c'è il progetto AiutaMente. Si sta parlando poi dello psicologo di base che possa affiancare il medico di famiglia, per migliorare lo stato di benessere e intercettare anticipatamente gli stati di disturbo.

Cambiare spesso psicologo è giusto?

Sono due persone che si incontrano, devono trovare un'armonia. Perché è una coppia che lavorerà in tandem, che deve scegliere la pedalata, il percorso. 

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Il Gazzettino