Riforma Sei Nazioni: il rugby "pro", come il denaro, non dorme mai

Riforma Sei Nazioni: il rugby "pro", come il denaro, non dorme mai
La massime cariche istituzionali del mondo del rugby, non la stampa pettegola e maliziosa, continuano a parlare di riforma del Sei Nazioni. ...

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La massime cariche istituzionali del mondo del rugby, non la stampa pettegola e maliziosa, continuano a parlare di riforma del Sei Nazioni.


Hanno cominciato l’ex presidente di World Rugby Bernard Lapasset e quello di Rugby Europe Octavian Morariu, numeri uno delle federazioni mondiale ed europea, dicendo che bisogna trovare il modo di aprire il torneo alle emergenti Georgia, Romania e (in subordine) Russia se continueranno a crescere.
Ora tocca al presidente della federazione del Galles Gareth Davies. In un’intervista alla Bbc apre allo spostamento dell’inizio del Sei Nazioni in aprile (dice che se ne parlerà alla prossima riunione del board per il calendario 2018) e all’inserimento di promozioni-retrocessioni nel torneo: «Perchè non aprire le porte a Georgia, Romania e tutte le altre squadre pronte a giocarsi una chance?».

Di idea opposta il chief executive della federazione inglese Ian Ritchie, sembre alla Bbc, sull’inizio del torneo, da mantenere a febbraio: «Non capiamo perchè modificare un prodotto che funziona bene». Il presidente della federazione italiana Alfredo Gavazzi da sempre rassicura sul tema: tutta propaganda, è la sintesi del suo pensiero, il posto dell’Italia non è in discussione, il Sei Nazioni è una realtà privata dove per fare cambiamenti serve l’ok di tutti i soci.

Vedremo come andrà a finire. Di certo il dibattito è aperto a livello di chi governa il rugby mondiale. A qualche conclusione, modifica e novità a medio-lungo termine si approderà. Perchè lo sport professionistico come il denaro, dice Gordon Gekko in "Wall Stret", non dorme mai. (Ivan Malfatto) Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino