A un anno dall’en plein dell’emisfero Sud alla Coppa del mondo in Inghilterra (4 semifinaliste) quel mondo (rugbistico) si è capovolto. Il bilancio dei...
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I motivi della rivoluzione sono molteplici. La crisi epocale del Sudafrica: ha perso da tutti i match e pareggiato addirittura con i Barbarians. La crescita dell’Inghilterra: stagione perfetta, 13 successi, e 14 vittorie consecutive dal disastroso Mondiale (si aggiunge il 60-3 all’Uruguay nell’ultima partita del girone); se centrerà il secondo Grande Slam consecutivo arriverà a 19, battendo il fresco record degli All Blacks. L’anno post mondiale è l’inizio del nuovo ciclo quadriennale (sul quale programmano le grandi nazioni) e del ricambio delle squadre, quindi le differenze possono livellarsi. La maggiore stanchezza dell’emisfero Sud per un calendario massacrante, senza più pause o quasi. Il beneficio di staff guidati da ct dell’emisfero Sud nelle principali nazionali del Nord. I frutti dell’uso sempre maggiore di equiparati, oriundi o atleti originari dei Paesi “down under”, un tempo nel Nord quasi monopolio dell’Italia (soprattutto per gli argentini). La perdita delle identità nazionali di gioco sostituite dalla globalizzazione tecnica, tattica, atletica e fisica.
Sarà una rivoluzione duratura, o avvinandoci al Mondiale tornerà il regno del Sud? In 8 edizioni della competizione il Nord ha vinto solo una volta (Inghilterra, 2003), ci sono state due finali interamente del Sud (1995, 2015) e per la prima volta nel 2015 non c’è stata una semifinalista del Nord (segno della crescita dell’Argentina). Una prima risposta l’avremo nel 2017 col tour dei Lions in Nuova Zelanda e lo scontro Inghilterra-Nuova Zelanda (big match mancato nel 2016). Per quella definitiva bisognerà aspettare Giappone 2019. Gli esponenti del Nord si godano intanto questa “Terra di mezzo” (Ivan Malfatto) Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino