Era un’operazione culturale che andava compiuta: il ripristino di una storia interrotta, il racconto di un pezzo di vita dedicato all’arte, al teatro, al cinema...
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La storia del teatro e del cinema in Italia si aspettava un recupero eccezionale come questo che documenta con serietà e grande qualità artistica l’arte di Lyda Borelli , ammirata , commentata, criticata, imitata , quella gestualità languorosa tutta particolare , dannunziana, sembenelliana, decadente , da lei inventata e tanto commentata , criticata, ironizzata ( di “borellismo” si parla anche nel dizionario della lingua italiana di Panzini). Significativi gli abiti di scena che per la Mostra veneziana sono stati riprodotti in massima fedeltà da Stefano Nicolao. Indimenticabile resta nelle cronache rosa del tempo la parodia che Petrolini dedicò al titolo del film muto “Ma l’amor mio non muore” che segnò il trionfo anche come attrice cinematogafica della Borelli : “Tutto muore quaggiù! Muore l’insetto, muore il cane, il cavallo ed il cammello, muore il rospo, la pecora, il capretto, muore la pianta, la radice, il fiore: ma l’amor mio, ma l’amor mio non muore!” Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino