Il linguaggio degli alieni e delle coppie in crisi Unirsi, separarsi: mondi e cuori instabili

Il linguaggio degli alieni e delle coppie in crisi Unirsi, separarsi: mondi e cuori instabili
Consolidato regista attento alle identità (da “Prisoners” a “Sicario”, soprattutto “La...

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Consolidato regista attento alle identità (da “Prisoners” a “Sicario”, soprattutto “La donna che canta”), il canadese Denis Villeneuve parte da un film di apparente fantascienza (12 astronavi in stile monolito kubrickiano si appostano nei cieli di altrettante nazioni, un po’ come era successo in “District 9”) per trasformarlo in un percorso, intimista e sociale al tempo stesso, di esaltazione della comunicazione, dove scienza e conoscenza del linguaggio riescono a far dialogare umani e extraterrestri.
Il fascino di “Arrival” è probabilmente tutto qui. Ma non è proprio poco, perché se è vero che i tentativi non passano per snodi narrativi e intuizioni destinate a restare nella storia del cinema (come la famosa sequenza di 5 note dell’inimitabile “Incontri ravvicinati del terzo tipo”), il contatto con gli altri porta con sé la passione di capirsi e abbattere ogni frontiera, aspetto quanto mai oggi rimesso brutalmente in discussione con la costruzione, non solo minacciata, di muri tra noi e qualsiasi altro “loro”.
In un meccanismo dominato dalla circolarità del tempo che ritorna anche nella grafica dei segni che aiutano a capire il pensiero altrui e che induce a metà film a rileggere la collocazione temporale degli avvenimenti, “Arrival” è un buon esempio che sposa intrattenimento spettacolare a ragioni esistenziali e politiche, confidando sul potere della memoria e sul coraggio dei protagonisti (una linguista – l’ottima Amy Adams, che da poco ha perso la figlia per un tumore; un fisico, il diligente Jeremy Renner).
C’è anche qui qualche tentazione neo-malickiana (i flash con la figlia, ad esempio), ma in un contesto quasi obsoleto il film riesce ad appassionare e tenere alta la tensione. Siamo in Montana, uno dei dodici luoghi scelti dagli alieni per parcheggiare nell’atmosfera terrestre e Villeneuve accentua il carattere politico, dopo quello scientifico e filosofico, attraverso una lettura dei comportamenti umani, in uno scacchiere mondiale che vede la Cina in una posizione di rilievo, soprattutto in soluzioni d’attacco, prontamente seguita da altri Stati.
Basato sul racconto “Storia della tua vita” di Ted Chiang e scritto da Eric Heisserer si concentra soprattutto su due alieni (si tratta di eptapodi, corpi con sette arti), che nell’intento vorrebbero richiamare una delle tante coppie celebri (Gianni & Pinotto, Tom & Jerry) per cercare, trovandola, una forte empatia con il pubblico. Alla fine un film che supera l’ovvio gettando un ponte anche con “Contact” (altro preciso riferimento cinematografico), ai confini tra la vita e la morte, rinunciando ai botti e cercando intimamente risposte al perché della vita. Nostra e degli altri.
Stelle: 3


DOPO L'AMORE: FARE I CONTI CON LA SEPARAZIONE - Avesse mantenuto nel titolo italiano un riferimento minimo a quello originale (“L’économie du couple”), dove si comprende subito l’aspetto meno ovvio di una storia di per sé piuttosto comune, di “Dopo l’amore” (titolo non brutto, ma piuttosto generico) avremmo catturato subito la questione economica, tutt’altro che rara nelle separazioni delle coppie.
In realtà nella storia tra Marie e Boris, insieme da parecchi anni e ora “separati” in casa con due figlie a carico, decisi a dividere del tutto le loro vite, fa meschinamente capo una serie di congetture da libro mastro, da partita doppia, tra avvocati e agenzie immobiliari, valori di ogni cosa, tranne il loro amore tramontato.

Joachim Lafosse chiude Berenice Bejo e Cedric Khan (bravi e credibili) dentro un appartamento borghese, dal quale sembra quasi impossibile fuggire. Un amore che muore senza aria, dove tutto ha un prezzo. Un film scritto bene e dignitoso: certo la differenza con un Farhadi resta sensibile, ma anche questa “separazione” mostra il disordine totale delle coppie. 
Stelle: 3

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Il Gazzettino