Con la macchina fotografica si può documentare, raccontare, provocare, accennare...dipingere. La Mostra “Me and fashion 1996-2018 “ allestita a cura di...
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La Mostra è voluta da Gabriella Belli, direttore della Fondazione Musei Civici di Venezia, che sempre più sta proponendosi anche come “ricercatrice” e comunicatrice del mondo della moda più astratto, quello che possiamo cogliere non solo nella storia ma guardando con profondità anche
le campagne pubblicitarie, i manifesti, i messaggi subliminali che solo orecchie esperte d’arte e di cultura possono cogliere, gesti, abbinamenti inediti, tutto quello cioè che ruota intorno e dentro alla moda e che in un abito o un accessorio trovano solo il pretesto per dire altro. Questo il messaggio che io colgo in questa parata di immagini a tratti magrittiane firmate dall’artista- fotografa sudtirolese che lavora sulla traccia di un corpo quasi sempre femminile, nudo o vestito.
Donne - forse - che appaiono nella gran parte degli scatti “mascherate” da un velo sul viso, un peplo buttato a caso per coprire la nudità, un nudo che compare furtivo e ribelle da uno squarcio sul tessuto di una veste, una cappa, un mantello.
Le foto scattate da Brigitte Niedermair per la campagna pubblicitaria di Dior volevano trasmettere questo messaggio femminile, in un ti vedo e non ti vedo che talvolta - come testimoniano le figure ritratte per la Mostra veneziana - si serve della maschera. Maschera come “persona” dice l’etimologia che assegna alla protezione di un’identità incerta valori di racconto. Un messaggio non lontano dalla filosofia femminista che la direttrice della Maison Dior, Maria Grazia Chiuri ha eletto come ispirazione stilistica fin dalla sua prima collezione proposta per la Maison di Avenue Montaigne. Resta il “dubbio” che la Niedermair sembra avvalorare con insistenza caricando le sue figure di messaggi criptici, lasciando che una bellezza segreta, misteriosa, tutta da scoprire si imponga attraverso un tessuto che invece la copre, una “larva” che cancella l’immagine, una “protezione” che il vestito rosso immaginifico testimonia affidando al colore del fuoco una “presenza” prepotente e fortissima.
Una “pittura fotografica” - non a caso voluta dall’allestimento accanto ai quadri d’antan - questa che possiamo leggere sulle pareti delle bellissime sale del palazzo alzandoci anche sui tacchi esasperati (tacchi “quindici”, “diciotto”, “venti”...? ) della foto “scarpe rosse” che esige meditazione e complicità femminile.
Tra tante mistificazioni che oggi una cultura mercenaria spesso millantata infligge anche alla moda con esposizioni pretestuose, finte riprese da una storia breve qual è quella della moda contemporanea, Mostre realizzate per “non mostrare” niente di interessante, questa piccola antologia di un pensiero presente e profondo merita spazio di ricerca approfondito. L’esposizione resterà visibile al pubblico a Venezia, in Palazzo Mocenigo, fino al prossimo 24 novembre.
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Il Gazzettino