L'entusiasmo di Jack Savoretti e quel ponte tra culture diverse

Il concerto di Jack Savoretti a Padova
La sorpresa è arrivata soprattutto nei bis, con una versione del tutto personale dell’indimenticabile “Io che non vivo senza te” scritta da Pino Donaggio....

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La sorpresa è arrivata soprattutto nei bis, con una versione del tutto personale dell’indimenticabile “Io che non vivo senza te” scritta da Pino Donaggio. Jack Savoretti l’ha proposta con il suo stile, sempre molto elegante e per questo un po’ lontano dalla grintosa esecuzione di Dusty Spingfield che a suo tempo lanciò in tutto il mondo il capolavoro del compositore veneziano. Nel concerto al PalaGeox di Padova Savoretti ha saputo emozionare il suo pubblico chiedendo, a più riprese, di abbandonare le poltroncine per seguire con lui le canzoni vecchie e nuove del suo repertorio. 


Prima di arrivare in Italia per il nuovo tour l'artista ci aveva spiegato che il suo ultimo lavoro “Europiana” era stato concepito, durante il difficile isolamento imposto dal covid, per creare una sorta di ponte culturale e musicale tra l’Inghilterra e l’Europa. E per questo motivo nella tappa padovana non solo ha riproposto la celebre canzone di Donaggio, ma ha anche salutato il pubblico con, in sottofondo, le musiche di Ennio Morricone. Detto questo il cantante italo-inglese si è dimostrato a dir poco entusiasta di rivedere il pubblico veneto, da sempre affascinato dalle sue canzoni e da una scelta stilistica originale che, oltre alla sua voce, pone al centro anche la personalità della giovane band. Savoretti ha quindi riproposto i suoi brani più noti, ricavandosi alcuni momenti di dialogo, spiegando come sono nate certe composizioni. Tra le cose più curiose, sicuramente, spicca il “verdetto” dato da sua figlia quando, ad un’amica di scuola, aveva confidato che suo padre “girava il mondo per cantare a gente a lui sconosciuta”. 

Di lui, insomma, colpisce la voglia di rimettersi in gioco con un sound energico, a metà strada tra pop e rock, con arrangiamenti accurati. Non sorprende, quindi, che nelle due ore di concerto il suo pubblico lo abbia ripetutamente acclamato. Rispetto a molti altri cantati della sua generazione, infatti, Savoretti evita melodie troppo intimiste puntando invece su un contesto sonoro schietto, mai banale e corposo. Poi c’è la sua voce che, a quando pare, non ha sofferto più di tanto la pandemia appena superata. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino