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Si parla spesso di un cinema italiano asfittico, incapace di raccontare la realtà contemporanea, di affrontare in modo superficiale il passato, soprattutto quello più tormentato. Poi quando ogni tanto appare un regista non omologato, insofferente alle narrazioni convenzionali, attratto da percorsi alternativi che richiedono attenzione e partecipazione, ci si gira spesso dall’altra parte. Il cinema di Antonio Capuano, 81enne giovanissimo napoletano, è tutto questo. E infatti fatica a trovare uno spazio adeguato, una distribuzione attenta, un pubblico curioso. Le sue storie si spalancano su palcoscenici slabbrati, conflittuali, tra tensioni sociali e sofferenze esistenziali. Maria abita vicino Napoli. Single, ha un lavoro precario e una mamma che praticamente non parla più dal giorno in cui, a fine anni ‘70, un militante dell’estrema sinistra, durante una manifestazione a Milano, ammazzò suo marito, giovane vicebrigadiere di polizia, pochi mesi prima che Maria nascesse. Maria scopre che l’assassino paterno ha scontato la pena e ora è libero. Tra mille problemi e incerta se la scelta sia azzeccata, Maria parte per Milano, portando con sé una pistola, con l’intento, all’occorrenza, di vendicarsi. Capuano pone Maria subito in colloquio diretto con lo spettatore, sguardo in macchina e breve riassunto della sua vita e della vicenda che andremo a scoprire, in pratica una libera interpretazione di fatti realmente accaduti, come avverte una didascalia iniziale. La bravissima Teresa Saponangelo ne fa un ritratto rabbioso e febbrile che divora la storia in modo irruento, in una narrazione libera, capace di digressioni continue, di spazi e sguardi laterali, dove il film trova un respiro ampio e sorprendente. E se il tragico passato emerge in quell’incontro a tratti impacciato di naturale titubanza, che si vorrebbe catartico, dove la sofferenza ripassa attraverso il peso della rievocazione dei fatti e una conoscenza reciproca che forse riuscirà ad attutire il dolore, Capuano lo immerge continuamente, con un montaggio alternato, in un oggi altrettanto malsano, disturbato e pericoloso, nel quale Maria deve continuamente fare i conti con pericoli continui, anche con persone all’apparenza innocue, come il professore interpretato da Francesco Di Leva. E se Tommaso Ragno evidenzia il peso e il rimorso di chi, all’epoca terrorista, oggi è sconfitto anche dalla Storia, la spavalderia di Maria è l’unica arma che permette di resistere a un mondo altrettanto perduto. Voto: 7,5.
HORROR E COMMEDIA - Quattro adolescenti in una villa vengono aggrediti dal serial killer chiamato Macellaio: fanno una fine atroce. Nella scuola è il panico. Millie, un’altra ragazza, viene successivamente assalita, ma apparentemente si salva. In realtà, attraverso l’incantesimo di un pugnale antico, il Macellaio è entrato nel corpo della ragazza e viceversa. "Freaky" è uno slasher movie che degrada nella commedia degli equivoci d’identità, tra l’orrore e la farsa. Gli omicidi sono piuttosto cruenti e divertenti, narrativamente non sta in piedi, ma dalla Blumhouse arriva un film che a suo modo funziona. Dirige Christopher Landon, Vince Vaughn “ragazza” a tratti irresistibile. Voto: 6.
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Il Gazzettino