Figli iperconnessi e vita virtuale: dove si colloca la linea sottile tra uso dei social egosintonico, ossia armonioso con la crescita di una personalità solida che usa...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
La linea è sottile e dinamica; per non essere tagliati fuori dal dialogo con i propri figli è indispensabile che i genitori si familiarizzino un po' con questi nuovi strumenti, invece di demonizzarli. Se mio figlio studia il russo, ecco una buona ragione per rimettermi sui libri: faccio brain fitness, alleno il mio cervello a restare giovane e ho un nuovo ponte e strumento di dialogo con mio figlio. Con i social la dinamica è la stessa. Un po' di familiarità semplifica il dialogo. Dire: «Che cosa hai fatto di bello online?» o «Qual è il video più tosto che hai visto su Snapchat?» mantiene la comunicazione, evitando pericolosi muri di vetro. Inutile demonizzare, evitare o far finta di non vedere: i nostri ragazzi usano strumenti sconosciuti nella nostra giovinezza. Digitali precoci, ci fanno sentire come uomini di Neanderthal di fronte alla scrittura. Impariamo a scrivere anche noi, altrimenti saremo lontani anni luce da figli e nipoti.
Quando comincia l'alfabetizzazione sui social? Presto, prestissimo, in alcune famiglie già alle materne. In Italia l'età media in cui un bambino riceve il primo cellulare è di 9 anni, ma è inferiore nei ceti abbienti. Sono in genere le mamme a usare il cellulare come illusorio guinzaglio per mantenere contatti e controllo con le amate creature, che rapidamente li useranno per allontanarsi e abitare un mondo altro dove gli adulti spariranno per magia, se non tengono il passo. A 12 anni il bambino apre il primo profilo social. E poi? Qui cominciano le note dolenti: molti ragazzi e ragazze sentono di esistere solo con selfie e like, solo se sono popolari. Con il rischio di mettersi anche in situazioni pericolose, in bilico su cornicioni, ponti o terrazzi, pur di farsi un selfie che rischia di diventare un killer (kilfie). Ben 6 su 10 dichiarano di rimanere svegli a chattare fino a notte fonda e qualcuno fino all'alba, il cosiddetto vamping.
La carenza cronica di sonno diventa un fattore potente di patologie psichiche e comportamentali: il problema non è il social in sé, ma l'uso smodato, che richiede invece regole precise, anche sugli orari d'uso, da parte dei genitori. Poco sonno si traduce in irritabilità, aggressività, difficoltà di attenzione, concentrazione e memoria, crescenti frustrazioni scolastiche, aumenta anche il rischio di incidenti, in bicicletta e in motorino, e perfino nell'attraversare la strada distratti perché semiaddormentati o con lo sguardo fisso sul video. Addirittura 8 su 10 hanno il terrore di restare con il cellulare scarico, a volte rischiando un vero e proprio attacco di panico da disconnessione: la cosiddetta nomofobia (no-mobile fobia). La vulnerabilità all'ansia e agli attacchi di panico, già alta negli adolescenti, aumenta molto in caso di carenza cronica di sonno, e ancor più se il cervello è turbato da alcol o droghe.
Crescere bene è difficile, oggi come ieri. Strumenti e contesti diversi possono agevolare la crescita o renderla problematica. Lo sport, meglio di squadra, è ottimo per tenere i figli attivi con il corpo, e non solo con i social, di educarne l'intelligenza emotiva e sociale, oltre che motoria. Di allenarli all'alfabeto della vita che necessita di contatti, di incontri e scontri nella vita reale, oltre che in quella virtuale. Il rispetto delle ore di sonno deve rimanere un caposaldo della salute mentale. Di notte tutti i social devono stare fuori della camera da letto. E poi rimettiamoci in pista per apprendere l'uso di questi strumenti, se già non l'abbiamo fatto. Più li conosciamo, più impareremo a usarli con i nostri figli in modo costruttivo, alternando vita reale e vita virtuale a passo di danza, senza dipendenze né ossessioni. Attenti a quei segnali che rivelano un problema, di cui l'eccesso di social è la sirena d'allarme, e non la causa vera. I Cavalieri neri de Il signore degli anelli, di Tolkien, cambiano nome, ma incarnano le stesse insidie del crescere. Sta a noi incoraggiare i figli ad affrontarli, nella vita vera oltre che virtuale, come hanno fatto i migliori genitori con noi. Con un monito: «Attenti a quelli che cercano continuamente la folla, da soli non sono nessuno», come diceva Charles Bukowski.
www.alessandragraziottin.it Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino