Alessandra Graziottin
PASSIONI E SOLITUDINI di
Alessandra Graziottin

Conoscere i social aiuta a dialogare con i propri figli iperconnessi

Lunedì 27 Novembre 2017
Figli iperconnessi e vita virtuale: dove si colloca la linea sottile tra uso dei social egosintonico, ossia armonioso con la crescita di una personalità solida che usa consapevolmente strumenti contemporanei, e uso egodistonico, che può esasperare vulnerabilità e difficoltà fino a coagularli in vere e proprie dipendenze dai social stessi?
La linea è sottile e dinamica; per non essere tagliati fuori dal dialogo con i propri figli è indispensabile che i genitori si familiarizzino un po' con questi nuovi strumenti, invece di demonizzarli. Se mio figlio studia il russo, ecco una buona ragione per rimettermi sui libri: faccio brain fitness, alleno il mio cervello a restare giovane e ho un nuovo ponte e strumento di dialogo con mio figlio. Con i social la dinamica è la stessa. Un po' di familiarità semplifica il dialogo. Dire: «Che cosa hai fatto di bello online?» o «Qual è il video più tosto che hai visto su Snapchat?» mantiene la comunicazione, evitando pericolosi muri di vetro. Inutile demonizzare, evitare o far finta di non vedere: i nostri ragazzi usano strumenti sconosciuti nella nostra giovinezza. Digitali precoci, ci fanno sentire come uomini di Neanderthal di fronte alla scrittura. Impariamo a scrivere anche noi, altrimenti saremo lontani anni luce da figli e nipoti.
Quando comincia l'alfabetizzazione sui social? Presto, prestissimo, in alcune famiglie già alle materne. In Italia l'età media in cui un bambino riceve il primo cellulare è di 9 anni, ma è inferiore nei ceti abbienti. Sono in genere le mamme a usare il cellulare come illusorio guinzaglio per mantenere contatti e controllo con le amate creature, che rapidamente li useranno per allontanarsi e abitare un mondo altro dove gli adulti spariranno per magia, se non tengono il passo. A 12 anni il bambino apre il primo profilo social. E poi? Qui cominciano le note dolenti: molti ragazzi e ragazze sentono di esistere solo con selfie e like, solo se sono popolari. Con il rischio di mettersi anche in situazioni pericolose, in bilico su cornicioni, ponti o terrazzi, pur di farsi un selfie che rischia di diventare un killer (kilfie). Ben 6 su 10 dichiarano di rimanere svegli a chattare fino a notte fonda e qualcuno fino all'alba, il cosiddetto vamping.
La carenza cronica di sonno diventa un fattore potente di patologie psichiche e comportamentali: il problema non è il social in sé, ma l'uso smodato, che richiede invece regole precise, anche sugli orari d'uso, da parte dei genitori. Poco sonno si traduce in irritabilità, aggressività, difficoltà di attenzione, concentrazione e memoria, crescenti frustrazioni scolastiche, aumenta anche il rischio di incidenti, in bicicletta e in motorino, e perfino nell'attraversare la strada distratti perché semiaddormentati o con lo sguardo fisso sul video. Addirittura 8 su 10 hanno il terrore di restare con il cellulare scarico, a volte rischiando un vero e proprio attacco di panico da disconnessione: la cosiddetta nomofobia (no-mobile fobia). La vulnerabilità all'ansia e agli attacchi di panico, già alta negli adolescenti, aumenta molto in caso di carenza cronica di sonno, e ancor più se il cervello è turbato da alcol o droghe.
Crescere bene è difficile, oggi come ieri. Strumenti e contesti diversi possono agevolare la crescita o renderla problematica. Lo sport, meglio di squadra, è ottimo per tenere i figli attivi con il corpo, e non solo con i social, di educarne l'intelligenza emotiva e sociale, oltre che motoria. Di allenarli all'alfabeto della vita che necessita di contatti, di incontri e scontri nella vita reale, oltre che in quella virtuale. Il rispetto delle ore di sonno deve rimanere un caposaldo della salute mentale. Di notte tutti i social devono stare fuori della camera da letto. E poi rimettiamoci in pista per apprendere l'uso di questi strumenti, se già non l'abbiamo fatto. Più li conosciamo, più impareremo a usarli con i nostri figli in modo costruttivo, alternando vita reale e vita virtuale a passo di danza, senza dipendenze né ossessioni. Attenti a quei segnali che rivelano un problema, di cui l'eccesso di social è la sirena d'allarme, e non la causa vera. I Cavalieri neri de Il signore degli anelli, di Tolkien, cambiano nome, ma incarnano le stesse insidie del crescere. Sta a noi incoraggiare i figli ad affrontarli, nella vita vera oltre che virtuale, come hanno fatto i migliori genitori con noi. Con un monito: «Attenti a quelli che cercano continuamente la folla, da soli non sono nessuno», come diceva Charles Bukowski.

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