Il concerto. Brian Eno illumina la Fenice con il dialogo tra l'elettronica e l'orchestra del Baltico

Il concerto di Brian Eno (ph. Andrea Avezzù)
VENEZIA - «Grazie Brian, ti vogliamo tutti bene». Il pubblico è in piedi ad applaudire e il vivace direttore d’orchestra Kristjan Järvi omaggia in...

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VENEZIA - «Grazie Brian, ti vogliamo tutti bene». Il pubblico è in piedi ad applaudire e il vivace direttore d’orchestra Kristjan Järvi omaggia in questo modo il protagonista e Leone d’oro Brian Eno. Un successo notevole nei due concerti che oltre a proporre i brani di Eno si focalizzava in questo caso sulla fusione dei suoni elettronici, cari al genio inglese, con un’orchestra davvero particolare ed innovativa. La Sea Baltic Philarmonic diretta da Järvi effettivamente si muove come una normale band, con i giovani protagonisti che passeggiano sul palco con naturalezza, tutti in maglietta scura con un disco colorato al centro.

Il nome del collettivo nasce dal fatto che tutti i musicisti provengono dai Paesi affacciati sul Baltico - danesi, estoni, finlandesi, tedeschi, lettoni, lituani, norvegesi, polacchi, russi, svedesi - che si esprimono a memoria, improvvisano e coinvolgono il pubblico facendo del concerto un’esperienza immersiva totalizzante. 


L’evento centrale della Biennale Musica è partito sulle note della composizione che dava il titolo alla performance veneziana, “Ships”, un’opera multiforme ispirata alle sonorità oceaniche e al relitto del Titanic. Partita come installazione ora è una composizione vera e propria, oscura, densa di atmosfere inquietanti con gli strumentisti impegnati in una sorta di lenta riflessione su un quadro evidentemente a tinte fosche.


Poi la sorpresa, perche Eno ha deciso di riproporre alcuni suoi brani celebri illuminando la performance e esprimendosi anche con la voce. Per gli appassionati una vera emozione visto che dalla sua fantasia sono arrivati brani che hanno rappresentato la formazione di centinaia di artisti dell’avanguardia. Sfilano cosi “The Hour Is Thin”, poi “I’m Set Free” degli anni dei Velvet Underground e soprattutto l’emozionante arrangiamento di “Who Gives a Thought”. 
Eno sembra davvero colpito dall’accoglienza calorosa della Fenice, ed infila nel bis altre perle come “Making Gardens Out of Silence”. Una costante ricerca di voci, suoni, alchimie elettroniche con l’orchestra che riesce a seguire quasi con serenità un percorso non proprio scontato. Anzi. 


La forza di Brian Eno, che ha sistematicamente saputo reinventare la propria carica compositiva basti pensare alle esperienze più marcatamente rock, sta proprio in questo intramontabile gusto della sperimentazione che continua ad arricchire di intuizioni i teatri. E alla Fenice, illuminata in modo inusuale, alla fine spicca anche il sorriso radioso della star della serata.


 

 

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Il Gazzettino