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La situazione non migliora. Anche nel mese di novembre il mercato dell’auto italiano è andato avanti ansimando. E adesso inizia ad essere veramente lunga la sfilza di cali a doppia cifra che hanno portato anche il cumulato in piene sabbie mobili. Nell’ultimo mese, ancora una volta, sono state superate di poco le 100 mila immatricolazioni, ma il calo in percentuale è leggermente inferiore perché siamo in un periodo in cui la stagionalità non brilla. A novembre sono state consegnate 104.478 vetture, un quarto in meno rispetto alle 138.612 dello stesso mese dello scorso anno. Il 24,6%, ormai, non è molto distante dall’andamento degli 11 mesi che si attesta a un meno 22,8% (1.371.166 consegne), una voragine di oltre 400 mila unità rispetto a gennaio-novembre 2019, l’ultimo anno intero prima della pandemia. Quale sarà il motivo? Non prendiamoci in giro, è tutto molto chiaro.
L’uragano del covid ha certo avuto il suo peso. Come le difficoltà economiche che si è trascinato non hanno certo aiutato.
Siamo l’unica nazione della Ue a muoverci così a tentoni e i risultati si vedono. Non serve essere economisti raffinati per intuire che, da un atteggiamento del genere, il mercato esce “scekerato”. Basta andare in un supermarket rionale per capire che, se a breve distanza di tempo vengono proposti prodotti a prezzi tanto diversi, la gente aspetta il momento propizio per fare il blitz. È quello che è accaduto al mercato italiano dell’auto. Ci sono addirittura modelli che costano più del doppio di quando c’erano gli incentivi. Perché il pubblico dovrebbe comprare a queste condizioni? Chiaro che aspetta, anche perché dal Parlamento escono voci quotidiane di un’imminente ripresa dei bonus. Un metodo un po’ folle che mette alle corde l’affaticata catena di distribuzione. Ora le associazioni del settore, dopo aver avuta infinita pazienza, iniziano ad alzare i toni e chiedono il minimo sindacale per salvare il comparto in questa complessa fase di transizione. In una parola: serve un piano strutturale che duri almeno qualche anno.
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