Cybersecurity, la svolta del microchip made in Italy

Progettato da Telsey, azienda del gruppo Tim, è un nuovo strumento per rafforzare l’autonomia e la sovranità tecnologica. L’ad Labriola: «Leader anche in questo settore»

Mercoledì 20 Dicembre 2023 di Francesco Bisozzi
Cybersecurity, la svolta del microchip made in Italy

«Il microchip progettato dai nostri ricercatori è una tecnologia tutta italiana, residente in Italia, che garantirà la massima sicurezza per l’accesso e la trasmissione dei dati. In un contesto di globalizzazione vogliamo giocare una partita da leader anche sul fronte della cybersicurezza», così ha affermato l’amministratore delegato di Tim, Pietro Labriola, in occasione della presentazione del progetto “Secure Microchip” al Mimit, davanti al ministro Adolfo Urso.

L’azienda ha appena lanciato il primo microprocessore crittografico progettato interamente in Italia e in grado di elevare la sicurezza in diversi ambiti tecnologici, dai dispositivi mobili alle Smart city, dalle infrastrutture cloud all’Internet of Things ai sistemi di trasporto e della difesa. 


LE STRATEGIE 

Ideato da un gruppo di ingegneri italiani di Telsy - l’azienda del gruppo focalizzata sulla sicurezza crypto e cyber che opera nell’ambito di Tim Enterprise - il microchip Made in Italy rappresenta un nuovo strumento per rafforzare l’autonomia e la sovranità tecnologica nel quadro delle strategie di cybersicurezza nazionali ed europee. «Siamo un’azienda viva e che innova, continuiamo a giocare un ruolo da leader del nostro Paese.

Con tutte le difficoltà di un contesto macroeconomico complesso, abbiamo il coraggio di continuare a investire in ogni ambito. Con questa iniziativa confermiamo il nostro ruolo di azienda a servizio del Paese e continuiamo a parlare di industria e innovazione» ha affermato Labriola. Per il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, «il microchip tricolore dimostra la vitalità industriale di Tim e simboleggia la sovranità tecnologica che vogliamo perseguire anche per tutelarci da nuovi rischi e contrastare il cybercrime». La soluzione, integrabile in diversi scenari, soddisfa i più avanzati standard di “security by design” e garantisce la piena affidabilità delle comunicazioni crittografate.  

Il nuovo microchip è un “atomo di sicurezza” per tutti quei sistemi informatici o di comunicazione che trattano informazioni sensibili o confidenziali. Il microprocessore è prodotto da una filiera interamente europea, in collaborazione con importanti aziende del settore. Pensato per essere utilizzato in diversi ambiti (civile, militare, industriale) e nella protezione di infrastrutture critiche come, per esempio, binari ferroviari, reti elettriche, idriche e dighe, il nuovo microprocessore crittografico rappresenta una svolta a tutto tondo. Potrà essere sfruttato anche nei contesti sempre più diffusi di Internet of Things, a partire dalle smart city, con la protezione dei dati di sensori o telecamere in aree urbane ed extraurbane. 
Nel settore industriale, il “secure microchip” di Tim tutela l’intero ciclo produttivo attraverso l’integrazione di un sofisticato sistema crittografico con le più avanzate funzionalità di cybersecurity, in modo da garantire la sicurezza del dialogo tra apparati, ovvero la comunicazione “machine to machine”. E ancora. Il microprocessore rappresenterà una risposta concreta anche alle esigenze di sicurezza delle piccole e medie imprese e per tutti quei soggetti che, a breve, dovranno dotarsi di sistemi più solidi o adeguarsi agli stringenti requisiti di cybersicurezza contenuti nel Cyber Resilience Act e nelle direttive Ue Nis2 e Cer. 

IL FENOMENO 

«Il microchip per la cybersicurezza è un progetto che coinvolge partner industriali e tecnologici italiani, ma anche europei. Il microchip ha dei processi di sicurezza al suo interno che ne garantiscono una blindatura fisica a livello di hardware e, sul piano crittografico, è resistente anche all’avvento della tecnologia quantistica», ha spiegato Eugenio Santagata, Chief Public Affairs and Security Officer di Tim e AD di Telsy. «Nessuno realisticamente può aprire il microchip e capire cosa ci sia all’interno – ha aggiunto Santagata –, il concetto di sovranità nazionale può essere molto ampio, ma siamo molto soddisfatti perché con questa iniziativa lo decliniamo in maniera concreta e semplice». Alla presentazione del progetto è intervenuto anche Elio Schiavo, Chief Enterprise and Innovative Solutions Officer di Tim, che ha voluto evidenziare un altro aspetto dell’iniziativa: «Vogliamo rendere le città più accessibili, vivibili e sicure. Il ruolo di Tim, attraverso Tim Enterprise e Telsy, è di creare con le aziende un tavolo di lavoro comune sulle soluzioni per la cybersicurezza. Questo microchip è un prodotto che affronta un problema sempre più rilevante, che è quello del cybercrime, un fenomeno con un trend in crescita aumentato del 40 per cento solo nell’ultimo anno e l’Italia registra il 9,6 per cento degli attacchi. Per questo abbiamo deciso di fare sistema adottando una strategia che aiuti le aziende e la Pubblica amministrazione ad elevare il livello di sicurezza generale». 

ALLARME HACKER

Secondo il Rapporto Clusit 2023, in Italia continuano ad aumentare significativamente gli attacchi informatici, con una concentrazione crescente in volume e in impatto rispetto al resto del mondo. Per intenderci, l’incremento è stato del 40% nei primi sei mesi del 2023, superiore di circa quattro volte rispetto agli altri Paesi. Sempre nel primo semestre dell’anno, gli attacchi hacker nel nostro Paese hanno rappresentato il 9,6% della quota globale, rispetto al 7,6% registrato nel 2022 e al 3,4% del 2021. Insomma, un’offensiva su dieci colpisce lo Stivale. L’escalation dei cyber attacchi evidenzia inoltre un incremento del cosiddetto “attivismo”: circa il 37% degli assalti compiuti a livello mondiale è rivolto oggi alle organizzazioni italiane. I settori più colpiti in Italia continuano a essere quello governativo (che assorbe il 23% del totale delle offensive) e il manifatturiero (17%). Guardando invece alla criticità delle offensive cibernetiche, emerge che nei confronti della Pubblica amministrazione la gravità degli attacchi è sempre superiore al dato globale: il 52% è infatti classificato come critico, rispetto al 40% del dato globale, mentre il 40% è classificato alto, contro il 38% del dato globale. Chi aggredisce il settore pubblico è generalmente molto più preparato ed efficace nelle azioni. In questo contesto è sempre più forte la necessità di pensare a un approccio non solo tattico, ma finalizzato a una strategia comune tra la Pa, le aziende e tutte le organizzazioni coinvolte, comprese le filiere di fornitura, i cittadini e i dipendenti delle aziende che utilizzano i servizi. 

Ultimo aggiornamento: 21 Dicembre, 07:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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