Comunali, tra Pd e M5S ritorna la sfida. Ma il governo non rischia

Domenica 11 Giugno 2017 di Alberto Gentili
(Foto di Luciano Sciurba)
Le elezioni locali di oggi sono decisamente local. A parte Genova e Palermo, le grandi città non sono chiamate al voto. E dopo il clamoroso naufragio dell'intesa Renzi-Grillo-Berlusconi-Salvini sulla legge elettorale, tutti escludono riflessi sul governo: Paolo Gentiloni naviga ormai per inerzia verso il 2018. Eppure, i 9 milioni di italiani chiamati alle urne qualche pennellata di colore agli sbiaditi acquarelli della politica nazionale la daranno. Eccome. C'è da capire lo stato di salute dei Cinquestelle. C'è da testare la resurrezione delle alleanze di centrosinistra e centrodestra, rimesse in piedi nei 25 i Comuni più grandi dopo la scissione del Pd e a mesi di liti furibonde tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini.

LA SCOMMESSA RENZIANA
Lo spettatore più interessato è Matteo Renzi. La speranza del segretario del Pd è una dolorosa battuta d'arresto per il Movimento di Beppe Grillo: fuori da tutti i ballottaggi o quasi (a Trapani e Taranto sono in corsa). Non a caso l'ex premier ha schierato da tempo l'artiglieria contro i Cinquestelle e scommette in un loro «ridimensionamento», convinto che anche in Italia (come nel resto d'Europa,) l'onda populista possa trasformarsi in una risacca. «Ciò che è da capire», spiega Matteo Ricci, responsabile enti locali del Pd, «è chi andrà al ballottaggio. In base ai sondaggi, la sfida sarà tra centrosinistra e centrodestra, con un ritorno allo schema bipolare». E afferma il renzianissimo Dario Parrini: «La cosa sostanziale sarà vedere quanto grande sarà il riflusso dei Cinquestelle, entrati nella loro età dello scontento. La messa in minoranza di Di Maio a opera di Fico nella partita sulla legge elettorale è la facciata nazionale della lotta sorda tra correnti che pregiudicherà i loro destini in molte città. Exploit dell'anno scorso come a Roma e Torino sono da escludere».

Parrini si riferisce a Genova, città di Grillo, dove i Cinquestelle vanno al voto divisi per bande e dove difficilmente agguanteranno il ballottaggio. E guarda a Parma, capoluogo in cui i grillini dovranno probabilmente ingoiare la riconferma a sindaco del traditore Federico Pizzarotti. Più cauta Forza Italia. Dice il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta: «Previsioni sui grillini noi non ne facciamo. Quando credi che vadano male, vincono. Quando sei certo della loro vittoria, perdono. Sono imprevedibili». Un giudizio velato dall'indifferenza. Non è Berlusconi, ma Renzi, il vero competitor di Grillo: Pd e M5S (in base ai sondaggi) sono testa a testa da mesi su scala nazionale.

RIECCO LE COALIZIONI
Molto più interessante, per Forza Italia, valutare l'impatto della ritrovata unità con la Lega e i Fratelli d'Italia. Dopo anni di batoste, il centrodestra può tornare a incassare qualche successo. Soprattutto a Genova. Ed è ciò su cui scommette in Cavaliere in vista delle elezioni nazionali del prossimo anno: «Andiamo uniti praticamente ovunque, con un'intensità di compattezza mai vista prima d'ora», celebra Brunetta. E azzarda: «I cittadini daranno un segnale per il futuro premiando questo atteggiamento responsabile».

La questione-alleanze è osservata ai raggi X anche a sinistra. Chiusa la fase dell'indifferenza, Renzi nelle ultime ore è tornato a corteggiare Giuliano Pisapia con l'idea di mettere in piedi un listone tipo Ulivo. Obiettivo: «Raggiungere il 40%». E incassare così alla Camera il premio di maggioranza previsto dall'Italicum corretto dalla Consulta: la legge elettorale con la quale ormai il segretario del Pd pensa di andare alle urne (al Senato c'è il Consultellum con soglia di sbarramento dell'8%) il prossimo anno. «Siamo molto soddisfatti del lavoro fatto», sostiene Ricci, «dopo il referendum del 4 dicembre e la scissione, era alto il rischio di andare divisi a queste elezioni locali. Invece il centrosinistra sarà unito in tutti i Comuni capoluogo». Certo, Articolo 1-Mdp di Bersani e D'Alema non si è voluto pesare, rinunciando a presentare il simbolo e sostenendo liste civiche. Ma se il centrosinistra dovesse tornare a essere una formula vincente, i risultati di oggi peserebbero sulla trattativa per il 2018. Che parte decisamente in salita: dopo l'invito di Pisapia a Renzi a fare le primarie di coalizione, arriva lo stop dei bersaniani.

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Ultimo aggiornamento: 09:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA