Un anno e quattro mesi per resistenze e minacce nei confronti degli agenti del commissariato che si erano limitati ad avvicinarlo mentre camminava per strada e chiedere di mostrare i documenti. Una reazione sopra le righe da parte del ragazzo che aveva trasformato un normale controllo, lo scorso 29 settembre, in una vera e propria baruffa arrivando a blaterare di «jihad». Una parola che già in passato aveva usato, tanto che alcune sue affermazioni ambigue avevano fatto sì che fosse segnalato dalla Digos di Brescia, città dove risiedeva, come appartenente a movimenti sediziosi. Comportamenti sospetti che lo avevano fatto entrare nel novero dei «monitorati». Forse anche per questo che, alla richiesta di una verifica delle impronte digitali, il giovane, poi risultato essere Daanoue El Mehidi, 23enne marocchino, formalmente senza fissa dimora, in regola con il permesso di soggiorno, aveva iniziato ad offendere e minacciare gli agenti arrivando fino a sferrare spinte e calci. Per questo motivo era stato quindi arrestato ed era poi finito davanti al giudice per la direttissima, che è giunta ieri a conclusione con il verdetto di colpevolezza pronunciato dal giudice Valentina Verduci.
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