Sul cammino verso le elezioni anticipate la principale mina da disinnescare non

Martedì 30 Maggio 2017
Sul cammino verso le elezioni anticipate la principale mina da disinnescare non è il complesso accordo tra forze politiche agli antipodi come il Pd, il Movimento Cinque Stelle o Forza Italia. L'ostacolo principale è la messa in sicurezza dei conti pubblici chiesta anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Entro il 15 ottobre il governo italiano, qualunque esso sia, dovrà spiegare alla Commissione europea come intende mantenere l'impegno di portare il rapporto tra il deficit ed il Pil all'1,2% il prossimo anno dal 2,2% al quale viaggia dopo che la manovrina approvata ieri in commissione bilancio alla Camera lo ha già corretto di 0,3 punti. Per adesso, nei documenti di finanza pubblica, è scritto che quell'impegno sarà rispettato facendo aumentare l'Iva di 14,5 miliardi dal primo gennaio del prossimo anno. Uno sforzo già ribassato di 5 miliardi dalla manovra appena approvata, ma che comunque rappresenta una stangata difficilmente digeribile. Se dalle urne dovesse uscire una situazione di stallo, senza un vincitore certo, il rischio sarebbe quello dell'esercizio provvisorio. In questo caso l'aumento Iva scatterebbe in automatico. Ma c'è anche da considerare che ai 14,5 miliardi dell'imposta sul valore aggiunto andrebbero sommati ancora 3-4 miliardi di spese «indifferibili», oltre ai soldi che ancora mancano per mantenere la promessa di un rinnovo del contratto degli statali che assicuri un aumento medio in busta paga di almeno 85 euro lordi mensili. Sono altri 1,2 miliardi di euro per il solo comparto statale.
Tirando le somme, la manovra autunnale potrebbe partire da 20 miliardi di euro circa, a meno di non voler rimandare il finanziamento di alcune spese direttamente al 2018. Più che caldo l'autunno si preannuncia bollente. Con il rischio che i conti italiani finiscano di nuovo sotto la lente degli investitori, da sempre preoccupati dal livello del debito, ormai stabilmente sopra il 130% del Pil e che non accenna a scendere. In questo clima il livello di allarme è alto. Alla Ragioneria hanno già iniziato a lavorare sulle varie ipotesi di tagli alla spesa e alle detrazioni fiscali per disinnescare l'aumento dell'Iva. In parallelo il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan sta continuando il suo lavoro ai fianchi della Commissione europea per ottenere uno sconto sulla correzione strutturale dei conti. Roma, in base alla ormai famosa matrice del Fiscal compact, dovrebbe correggere il deficit strutturale dello 0,6%, 9,6 miliardi di euro. Il tentativo, appoggiato anche dal governo di Parigi, è quello di dimezzare questa somma, scendendo a 4,8 miliardi. Questo significa che il deficit nominale potrebbe salire dall'1,2% programmato fino all'1,5%, portando la manovra complessiva a poco meno di 10 miliardi. Una cifra più facilmente gestibile. Le trattative però, richiedono tempo.
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