Giosuè Ruotolo rompe un silenzio durato un anno, un mese e quindici giorni.

Martedì 22 Novembre 2016
Giosuè Ruotolo rompe un silenzio durato un anno, un mese e quindici giorni.
Giosuè Ruotolo rompe un silenzio durato un anno, un mese e quindici giorni. Dopo l'interrogatorio del 6 ottobre 2015, quando per la prima volta ammise di essere stato nel parcheggio del palasport di Pordenone la sera dell'uccisione di Trifone Ragone e Teresa Costanza, non ha più rilasciato dichiarazioni. Lo ha fatto ieri, da imputato di duplice delitto premeditato, davanti alla Corte d'assise di Udine. Alle 15.10, quando l'udienza è ripresa dopo la pausa pranzo, si è alzato in piedi stringendo il microfono tra le mani. Dice che è innocente, che spera ogni giorno che arrivi una guardia e gli dica che si sono sbagliati, che può uscire dal carcere. Conferma che quella sera era nel parcheggio e non disse nulla ai Carabinieri. Sono queste le dichiarazioni spontanee annunciate da diversi giorni e concordate con gli avvocati Roberto Rigoni Stern e Giuseppe Esposito.
Parole semplici sono risuonate nel silenzio dell'aula per due minuti e mezzo, poco più. La sua voce, superata l'emozione iniziale, si è fatta sempre più sicura. «Vorrei chiedere scusa se dopo varie udienze mi presento per la prima volta - ha esordito Ruotolo guardando verso il presidente Angelica Di Silvestre e parlando in un italiano un po' napoletanizzato - Vorrei, che oltre a conoscermi, fare un po' di chiarezza sulla mia totale estraneità ai fatti. Mi ritrovo ormai in una situazione più grande di me, sia per i fatti che mi vengono accusati sia per tutta la vicenda mediatica che si è creata intorno, che descrive un po' la mia persona per quello che non è e questo fa molto male».
Parla veloce, quasi temesse di perdere il filo di un discorso chissà quante volte ripetuto tra le mura del carcere di Belluno negli ultimi giorni. «Mi ritrovo ormai da otto mesi in carcere e ogni giorno che passa spero che sia l'ultimo, che venga una guardia e mi dice si sono sbagliati puoi uscire», ha detto prima di concentrarsi sulle vittime. «Nelle prime udienze hanno fatto vedere delle immagini atroci su Teresa e Trifone, appena le ho viste mi sono subito rivolto verso il mio avvocato e ho detto... è impossibile che io mi trovi qui per una cosa del genere. Ma stiamo scherzando? Mi sembra assolutamente assurdo che io sia qui seduto per fatti successi a dei ragazzi come me, che addirittura ho conosciuto e addirittura con Trifone abbiamo vissuto insieme».
E le bugie della prima ora? Giosuè Ruotolo si è giustificato come ha sempre fatto: «Posso aver dato poco peso a una cosa, ovvero di non dire subito della mia presenza in quel parcheggio, hanno fatto pure delle campagne sia in tivù sia in caserma da me su chi avesse sentito o visto qualcosa, si doveva fare avanti a parlare. Ma nel momento in cui sono stato io lì, non avevo visto nessuno e sinceramente non potevo dare un contributo in più alle indagini. Ero solo preoccupato per il mio ingresso nella Guardia di finanza che sarebbe poi avvenuto a breve».
Per le sue bugie dice di essere pronto a pagare. «Però mi sono preso le mie responsabilità - ha detto alla Corte d'assise - in quanto sia ai carabinieri e successivamente alla Procura ho detto che se devo pagare per aver detto una cosa dopo, è giusto che paghi, però sono comunque estraneo a tutto il resto». Ruotolo è convinto che prima o poi la verità sarà dalla sua parte. «Credo fermamente nella giustizia e credo che nel corso del processo si evidenzierà fermamente la mia totale estraneità a tutto questo».
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