Carabinieri del Noe in azione nel 2008

Martedì 21 Febbraio 2017
(L.I.) Quello dell'obitorio è il secondo scandalo padovano legato al caro estinto. La discutibile gestione delle salme in attesa della cremazione al cimitero Maggiore di Chiesanuova, svelata dal blitz dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Venezia il 15 ottobre 2008, aveva provocato l'apertura di una lunga inchiesta, coordinata dal pm Sergio Dini. Condannati in primo grado a un anno e sei mesi di reclusione ciascuno, il 23 febbraio di due anni fa i due imputati si erano guadagnati una clamorosa assoluzione. I fratelli Dario e Rossano Ferro, all'epoca dipendenti della società Nord Est Cremazioni, difesi dall'avvocato Giovanni Chiello, erano usciti indenni con una sentenza di assoluzione piena.
Non hanno mai negato di aver commesso degli errori. Ma non vi era la volontà di arrecare danni né di assicurare vantaggi a chicchessia. E senza una condotta dolosa non potevano essere condannati. Assolti perché il fatto non costituisce reato. Con questa formula i giudici della prima sezione della Corte d'Appello di Venezia avevano cancellato il verdetto di primo grado per lo scandalo della dispersione e commistione di spoglie mortali nei forni crematori del cimitero Maggiore. I Ferro non avevano alcun motivo di ammucchiare e mescolare i resti delle cremazioni per poi disfarsene a ventiquattr'ore di distanza. Dario e Rossano avrebbero agito con l'unico intento di accorciare i tempi del servizio. E la stessa Procura generale ne aveva sollecitato l'assoluzione con la formula dell'insufficienza di prove.

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