SCHULZ E MERKEL

Venerdì 25 Novembre 2016
Ma non sono soltanto queste fasce sociali ad avere subito il contraccolpo di un'instabilità economica e politica che non accenna peraltro a terminare. Sul piano storico generale, la vittima più illustre di questa crisi è stata certamente rappresentata dai partiti e movimenti socialisti che per oltre un secolo sono stati uno dei pilastri politico-ideologici delle grandi democrazie.
Guardiamo in particolare all'Europa. Il socialismo riformista o democratico è letteralmente scomparso in Grecia, vittima del familismo, della corruzione e della rabbia popolare scatenata dalla bancarotta del Paese. In Francia dopo la presidenza a dir poco incolore di Hollande esso rischia di non arrivare al ballottaggio: l'Eliseo se lo contenderanno, stando ai sondaggi odierni, la destra repubblicana e quella sovranista. In Spagna i socialisti sono stati messi elettoralmente all'angolo dalla sinistra populista di Podemos: per di più si sono drammaticamente divisi sulla decisione di sostenere attraverso l'astensionismo il governo attualmente guidato dai popolari. In Austria, al recente ballottaggio per la Presidenza sono arrivati l'esponente dei nazionalisti e il leader dei Verdi: quanto ai socialisti, non fanno che perdere consensi ad ogni nuova elezione.
Ma continuiamo. Per dare segnali di vita il laburismo britannico si è affidato all'eccentrica figura di Jeremy Corbin: la sua idea, in quella che fu la patria di Tony Blair e della terza via, è che rispolverando ai comizi la bandiera rossa e il pugno chiuso il socialismo possa ancora avere un avvenire, come se il Novecento fosse passato invano. In Italia, dopo la liquidazione del Psi operata dalla magistratura all'epoca di Mani pulite, si è di recente assistito a quella della gloriosa tradizione socialdemocratica coltivata dagli eredi del comunismo togliattiano operata da un giovane democristiano cresciuto nelle fila dei boy scout. Nell'Est Europa, forse perché hanno conosciuto il socialismo reale, di partiti che abbiano anche vagamente una simile ispirazione o che richiamino quell'idea o parola, anche se in salsa democratica e riformista, semplicemente non sanno che farsene. Dall'Ungheria alla Polonia, il potere lo hanno preso nazionalisti e xenofobi. Ma anche nel nord del continente il socialismo è in affanno. Governa ancora in Svezia, senza avere la maggioranza parlamentare. Ma in Finlandia, Norvegia e Danimarca sono al potere liberali e conservatori. Resta in questo quadro di rovine il baluardo politico-simbolico rappresentato dalla Germania. Dove la SPD, un partito ancora organizzativamente molto solido, partecipa al governo con la CDU attraverso la formula della grande coalizione. Anche in Germania non mancano però scricchioli e segnali di crisi. Proprio per questo colpisce la notizia che Martin Schulz, presidente socialdemocratico neo-dimissionario del Parlamento europeo, abbia deciso di proporsi come antagonista della Merkel nella corsa per la Cancelleria del prossimo anno.
Lui è probabilmente convinto, col suo pedigree di europeista ortodosso, di essere un credibile freno contro l'avanzata dei populisti anti-Bruxelles. Il rischio è invece che li ecciti elettoralmente senza togliere loro un solo voto (potrebbe semmai toglierne alla Merkel nell'area moderata). Laddove sarebbe necessario un drastico cambio di uomini e di rotta strategica, i socialisti tedeschi pensano seriamente di affidarsi al loro esponente che più rappresenta quell'idea tecnico-burocratica e professionale della politica oggi tanto avversata dall'opinione pubblica d'ogni colore?
Schulz sembra altresì rappresentare un socialismo che non riuscendo più a parlare a nessuno dei suoi tradizionali referenti sociali (dai lavoratori ai giovani), che non avendo più un progetto di società giusta da proporre, che non sapendo con quali ricette affrontare una crisi economico-finanziaria che in parte ha contribuito a creare, si compiace di quel mix di diritti civili, europeismo retorico, multiculturalismo, soggettivismo morale, progressismo light e correttezza politica che del socialismo storico è solo la tragica caricatura o, se si vuole, la inconsistente trasfigurazione post-ideologica. Un mix che non piace più nemmeno ai suoi storici elettori, che quando si tratta di difendere i loro interessi e vincere le loro ansie preferiscono sempre più spesso votare per i partiti radicali e populisti, compresi quelli di destra. Cos'è questo se non un fallimento storico e la fine di un'epoca?
Alessandro Campi
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