Alitalia, decolla la rivoluzione

Martedì 27 Dicembre 2016
Alitalia, decolla la rivoluzione
Sbarco immediato per Cramer Ball e James Hogan, rispettivamente ad di Alitalia e numero uno di Etihad. Per loro, salvo sorprese dell'ultimo minuto, l'avventura in Italia è finita. Saranno i due super manager, messi più volte sotto accusa da Intesa e Unicredit, ma criticati aspramente anche da Abu Dhabi, a pagare il conto del mancato decollo della ex compagnia di bandiera, che chiuderà l'anno con perdite record a quota 400 milioni e una strategia di sviluppo da reimpostare. Entro 60 giorni, spiegano fonti vicine al dossier, dovranno farsi da parte. Ora si cerca un manager italiano, con un profilo internazionale e forti relazioni sia con il mondo bancario che con quello istituzionale. Una scelta di rottura, non confermata per ora da nessuna notizia ufficiale. Scritta nero su bianco invece quella che prevede la ridefinizione della governance della compagnia, con una gestione più collegiale e condivisa. Di certo le banche, dopo aver messo nuovamente mano al portafoglio, intendono far sentire la propria voce, soprattutto nelle decisioni strategiche.
La trattativa per salvare Alitalia conclusa, come noto, all'alba di venerdì, ha infatti lasciato il segno. E ha avuto un esito positivo solo perchè il presidente Luca Cordero di Montezemolo è riuscito a trovare un punto d'intesa, minacciando più volte di voler portare i libri in tribunale. Supportato, va detto, dalla moral suasion del governo, intervenuto massicciamente su Intesa e Unicredit che, dopo un tira e molla estenuante, alla fine hanno dato il libera al piano industriale e alla manovra finanziaria: manovra che prevede una iniezione di liquidità di 100 milioni da parte di Etihad, mentre 150 milioni arriveranno dalle banche (più altri 50 di factoring). Le banche dovranno poi convertire in equity 140 milioni di crediti e Abu Dhabi trasformerà il bond da 216 milioni in strumenti finanziari partecipativi, in modo da non salire oltre il 49% del capitale. Con il varo del piano industriale rivisto e sotto la guida di un nuovo ad, i soci italiani sarebbero disponibili a erogare altri 500 milioni. Di certo, fanno capire dalle banche, questo è davvero l'ultimo salvataggio, perchè la prossima volta sarà lo Stato a dover intervenire.
Sono stati proprio gli istituti di credito a chiedere una stretta. Con il taglio del costo del lavoro al primo posto. In ballo, secondo fonti sindacali ci sarebbero 1.500 esuberi, anche se i soci italiani hanno detto che la quota potrebbe sfiorare 4.000. Nel mirino il personale di terra (600-700, i piloti (100-150) e tutte le strutture della compagnia. Se i dipendenti accetteranno - nel quadro del rinnovo del contratto collettivo - tagli cospicui agli stipendi e premi legati alla produttività, il numero degli esuberi potrebbe scendere drasticamente. Se ne riparlerà solo il 9 gennaio in un summit con i sindacati. Cisl, Cgil e Uil, come l'Anpac, hanno fatto capire che i margini per trattare sono ridotti. Ma la compagnia, come noto, vuole mettere a terra 15-20 aerei del medio e corto raggio, e puntare sul lungo (Sud America e Asia). Venti invece le tratte europee da tagliare. L'obiettivo è avvicinare la struttura dei costi a quella di Ryanair. Da qui la riscrittura dei contratti di leasing per gli aerei (attualmente più cari del 10-15% rispetto alle altre compagnie), di quelli con i fornitori (definiti troppo esosi dal board) e, tema più complesso, la ricalibratura delle alleanze con Air France e Delta Airlines (che di fatto bloccano lo sviluppo di Alitalia sulle rotte del Nord America e su quelle di lungo raggio più redditizie). A gennaio poi ci sarà un nuovo contratto di lavoro. Tutte misure - hanno detto in Alitalia - da attuare in due mesi e che sindacati, fornitori e partner commerciali devono accettare, altrimenti non ci sarà un futuro.
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