Maxi processo ai No Tav: 39 condanne per gli assalti ai cantieri in Valle di Susa

Venerdì 18 Novembre 2016
TORINO - Niente «attenuanti sociali» per i No Tav. Quando gli attivisti si scontrarono con le forze dell'ordine in Valle di Susa, nell'estate del 2011, non si stavano ribellando a un'ingiustizia e non agivano «per motivi di particolare valore morale o sociale». Dice anche questo la Corte d'appello di Torino nella sentenza con cui condanna 39 imputati del maxi processo ai No Tav. Le pene più alte restano inchiodate a 4 anni e 6 mesi (una delle quali per Paolo Maurizio Ferrari, 71 anni, ex brigatista). Ci sono quattro assoluzioni e proscioglimenti in più rispetto al primo grado, ma il totale delle condanne ammonta a circa 128 anni di carcere. Per questo uno dei difensori, Claudio Novaro, parla di «piccolo passo avanti che però non basta».
È il procuratore generale del Piemonte, Francesco Saluzzo, a mettere l'accento sulla questione sociale. «Contro il riconoscimento di quell'attenuante - spiega - mi sono battuto duramente. Un conto è la protesta pacifica contro un'opera come la nuova ferrovia Torino-Lione, che è del tutto legittima e può anche avere un grande valore, un conto sono le violenze».
Il maxi processo, terminato ieri, ruotava attorno alle «attenuanti sociali». Due le giornate al vaglio della Corte: quella del 27 giugno, quando le forze dell'ordine sgomberarono a forza di lacrimogeni il presidio No Tav a Chiomonte per fare posto al cantiere, e quella del 3 luglio, quando ci fu un imponente assalto alle recinzioni. Secondo la sentenza non ci fu provocazione da parte dello Stato e le polizie si comportarono correttamente.

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