«La Lombardia risarcisca il papà di Eluana»

Giovedì 22 Giugno 2017
ROMA Dopo più di otto anni dalla morte di Eluana Englaro, i giudici danno ancora una volta ragione a papà Beppino. Per il Consiglio di Stato, che ha confermato un risarcimento in suo favore, la Regione Lombardia aveva l'obbligo di mettere a disposizione una struttura in cui sospendere l'alimentazione e l'idratazione forzata alla donna in base alla sue volontà, manifestate in ogni sede dal padre e riconosciute dai giudici di ogni ordine e grado, fino alla Cassazione. Dal Pirellone, però, non furono presi provvedimenti. Roberto Formigoni, all'epoca alla guida della Regione, ingaggiò uno scontro frontale contro la decisione dei giudici e la famiglia fu costretta a portare Eluana, in stato vegetativo da 17 anni, a morire lontano da casa, nella clinica La Quiete di Udine. La donna spirò il 9 febbraio 2009, dopo che sulla sua persona si era consumata una battaglia nelle aule parlamentari e di giustizia, che aveva diviso lo Stato e la Chiesa, facendo emergere un'opinione pubblica spaccata tra sostenitori dell'autodeterminazione e difensori della vita ad ogni costo.
Secondo i giudici di Palazzo Spada, una volta stabilito, in sede civile, con sentenza della Cassazione, il diritto di Eluana a sospendere il trattamento di sostegno vitale, «non poteva ragionevolmente porsi in dubbio l'obbligo della Regione di adottare tramite proprie strutture le misure corrispondenti al consenso informato espresso dalla persona». Non poteva e non doveva esimersi dall'attuare «la volontà espressa dalla stessa persona assistita, nell'esercizio del proprio diritto fondamentale all'autodeterminazione terapeutica».
Così Beppino Englaro ha vinto ancora in un tribunale: i giudici hanno respinto il ricorso della Regione e confermato il risarcimento quantificato dal Tar in 133mila euro, destinati anche alle spese affrontare dalla famiglia per «il piantonamento fisso» della clinica friulana dove poi Eluana è morta, per il danno patrimoniale, non patrimoniale e parentale. Una decisione di cui l'uomo dice di non aver mai dubitato («Quello che davvero ci ha fatto piacere è stata la sentenza della Cassazione del 2007»), anche se avrebbe voluto anche che gli fosse riconosciuto il danno morale. «La vicenda di Eluana conclude il genitore resta unica: perché su questi temi prima del suo caso c'era in Italia il deserto culturale. Oggi, lo dimostrano i fatti, non è più così».
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