L'insegnante: «Didattica a distanza, il rischio dei "bambini perduti" quando la famiglia è border line»

Mercoledì 22 Aprile 2020
L'insegnante: «Didattica a distanza, il rischio dei "bambini perduti" quando la famiglia è border line»
VICENZA - «Vogliamo porre la lente d'ingrandimento sui nostri bambini e sui nostri ragazzi che sono usciti dalla rete scuola. Bisogna aver il coraggio di andare a cercarli. Incontrarli. È necessaria la fantasia della solidarietà. Se un idraulico, con i dovuti dispositivi di protezione, può andare dal cliente a riparare un'emergenza, perché un insegnante non può andare a trovare i propri ragazzi più fragili?». Lo sostiene Alessandro Roncaglia, docente vicentino, esponente di "Democrazia solidale Demos", nuovo soggetto politico chee si definisce "per una società a misura di tutti". E proprio dei "bambini perduti" a causa del gap informatico, fenomeno spesso emerso in questi mesi di chiusura delle scuole e di formazione trasferitasi online, Roncaglia si interessa. Perché disparità e disuguaglianze sono acuite dalla Didattica a distanza (Dad) spesso per dimenticanza istituzionale. Dai bambini rom a quelli delle famiglie numerose o con disturbi dell'apprendimento, ogni giorno cresce il numero degli allievi "dispersi" e da "ritrovare". 

Uno dei tanti casi arriva da Roma. «Fateci studiare come gli italiani. Qui non lo fa nessuno. I ragazzini stanno tutto il giorno in giro, nel campo. Pensano a sposarsi a 12 anni». Così ha raccontato  all'Adnkronos Silvana, mamma rom di 5 figli, da un campo nomadi sulla Prenestina: «Ma io per i miei figli non desidero questo. A Maria (la figlia dodicenne, ndr) dico sempre: "Sposati con la scuola, che per il resto c'è tempo"». Silvana non si è persa d'animo. I figli non potevano seguire le lezioni a distanza perché sprovvisti di qualunque dispositivo? E lei ha contattato la scuola, chiesto l'invio dei compiti sul suo telefonino, che ha condiviso per fasce orarie con tre dei suoi cinque figli. Ora forse arriveranno dei tablet.

La questione della "Dad", con le sue implicazioni sociali, è molto seguita da Alessandro Roncaglia, che insegna in un istituto tecnico in provincia di Vicenza. «La questione fondamentale - spiega Roncaglia - è molto più profonda. Non si riduce solo alla mancanza di giga o di rete o di dispositivi. La Dad consegna la responsabilità educativa alle famiglie e la scuola, che rappresentava una sorta di rilancio, non c'è più. Così quando la famiglia è poco ricettiva, non essendoci più alcun tipo di contatto o collegamento con la scuola, i bambini sono perduti». 

Il professore denuncia: «Con questa Didattica a distanza avere genitori a casa fa la differenza, avere mamma e papà laureati fa la differenza, essere figli di immigrati fa la differenza. Non possiamo pensare che quello attuale sia un modello da seguire anche in futuro, nonostante oggi, in emergenza, abbia certamente consentito di continuare a far vivere il "legame scolastico" e abbia offerto agli allievi un rifugio, un riparo dalle angosce». Il docente conclude: «In una Dad così pensata, i bambini e le famiglie "border line" sono smarriti. Ad essere penalizzati sono dunque coloro che vivono la scuola come una forma di riscatto sociale e una officina di speranza».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci