Sono tra noi e non possiamo far finta di niente

Venerdì 31 Marzo 2017 di Ario Gervasutti
I 4 arrestati
Sono tra noi, e chi aveva ancora qualche dubbio o si sentiva al sicuro è bene che ne prenda atto. Camminano al nostro fianco, ci servono un piatto al ristorante, guidano il furgone davanti alla nostra auto. I dispensatori del terrore non si accontentano del sangue: potrebbero colpire con minori difficoltà un ponte qualunque in un paesino in mezzo alla campagna, ma così non otterrebbero la visibilità che dà uno dei ponti più famosi al mondo, quello di Rialto a Venezia. E ieri il timore di vivere in uno dei luoghi che i criminali potrebbero usare come plausibile bersaglio, si è trasformato in certezza.
Sono qui, camminano tra noi: ma li hanno fermati in tempo. Segno che i nostri apparati di sicurezza funzionano, e meritano un plauso e un ringraziamento. Le forze dell'ordine lavorano su due livelli: quello visibile, con le pattuglie e i controlli che servono soprattutto a trasmettere un senso di protezione nella gente, e quello invisibile fatto di intercettazioni, infiltrati, pedinamenti, indagini segrete, blitz delle teste di cuoio.
A Venezia stavano per entrare in azione quattro personaggi con in testa i soliti deliri del fanatismo islamico. Ma questo gruppo jihadista ha due caratteristiche che vanno evidenziate: è composto da giovani, e sono tutti kosovari. Ragazzi che quando l'Italia insieme ad altri bombardava la Serbia per liberare il loro Paese, erano bambini di meno di 10 anni; e hanno trascorso una parte importante della loro vita qui, non tra le montagne del Kosovo. Perciò stavolta non regge la scusa della ribellione contro l'Occidente arrogante e sterminatore, non regge la vicinanza con i centri di indottrinamento. Questi non sono criminali nati e cresciuti in lontani teatri di guerra voluti dagli infedeli, che arrivano in Italia per colpire e immolarsi; sono invece terroristi cresciuti accanto a noi e ai nostri figli.

Sono persone che sputano sulla mano che è stata tesa da un Paese, da una società, da una civiltà che li ha accolti dando loro una casa in centro a Venezia e un lavoro dignitoso. Mentecatti che delirano di religione e di paradiso, ma che non possono essere derubricati a soggetti folli: perché un matto può casualmente incrociarsi con un altro matto, non con altri tre. Significa che c'è una motivazione ideologica che li muove: in questo caso ideologia religiosa, islamica per la precisione. E non avevano remore a esibire il loro disprezzo per gli infedeli, al punto da essere anche segnalati per il loro estremismo. Ma la denuncia era finita in cavalleria.
Ciò comporta che dopo questo successo investigativo la guardia non debba essere abbassata ma, al contrario, alzata. Devono essere date le stesse risposte che le democrazie hanno messo in campo quando sono state minacciate da altre ideologie criminali: nessuna indulgenza, leggi su misura, controlli e iniziative dentro e fuori dai confini. Che devono ritornare ad essere tali non per fare restare fuori le persone, ma per essere sicuri di chi ci portiamo in casa. Noi i ponti li costruiamo, in tutti i sensi. Stavolta abbiamo evitato che altri li demoliscano: ma non possiamo essere sicuri di riuscirci sempre.
 
Ultimo aggiornamento: 16:37

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