L’omicidio di Giulia Cecchettin: perizie a tutto campo, anche sui telefonini delle amiche

Giovedì 18 Gennaio 2024 di Roberta Brunetti
Giulia Cecchettin

VENEZIA  - Saranno analizzati i tanti reperti raccolti sui luoghi del delitto, alla ricerca di impronte e tracce di Dna, che dovranno confermare la ricostruzione del femminicidio di Giulia Cecchettin, per mano del suo ex fidanzato Filippo Turetta.

E sarà fatta copia dei contenuti dei tanti apparecchi sequestrati: non solo del personal computer e dello smartphone di Turetta, del pc della sua famiglia, nonché di quello di Giulia, ma anche degli smartphone delle amiche della ragazza. Quelli con i messaggi in cui Giulia aveva confidato le sue preoccupazioni per Filippo, per quel suo rapporto sempre più ossessivo che non le dava tregua. Ma l’interesse degli inquirenti è soprattutto per i contenuti degli apparecchi di Turetta, che dovranno dire se il giovane, reo confesso dell’omicidio, ha detto davvero tutta la verità. Non è escluso che possano rivelare elementi nuovi: sulla premeditazione del delitto soprattutto, che finora non viene contestata al giovane, o sulla sua lunga fuga che per giorni aveva alimentato la speranza in un epilogo diverso. Tappa importante, ieri, per l’inchiesta su questo femminicidio che ha scosso profondamente l’opinione pubblica. Il pubblico ministero titolare dell’indagine, Andrea Petroni, ha affidato gli incarichi per gli accertamenti tecnici irripetibili sia dal punto di vista biologico, che informatico.

CONSULENTI E TEMPI
Per il primo fronte è stato nominato il colonnello Giampietro Lago, comandante dei carabinieri del Ris di Parma. Per estrarre i dati dai supporti tecnologici, la cosiddetta copia forense, invece, la scelta è caduta sul maresciallo Gibin. Per concludere il loro lavoro avranno 45 giorni. Presenti al conferimento i due difensori di Turetta, gli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, che hanno nominato un proprio consulente solo per gli aspetti informatici, l’ingegner Mauro Carnevali. In rappresentanza dei numerosi legali nominati dai familiari di Giulia, ieri c’era l’avvocato Piero Coluccio che ha formalizzato la nomina di tre consulenti di parte: l’ingegner Nicola Chemello e l’informatico Francesco Zorzi, un esperto di sicurezza dei dati, per l’estrazione dei contenuti da computer e cellulari; il dottor Edoardo Genovese per tutte le altre analisi di tipo biologico. L’appuntamento per tutti è tra un mese e mezzo .

MOLE DI REPERTI
Tempo necessario per esaminare la mole di materiale acquisito. Tra i reperti c’è il coltello ritrovato nell’auto con cui Turetta è fuggito fino in Germania e ritenuto l’arma del delitto. L’altro coltello rotto, rinvenuto nel parcheggio di Fossò, solo a poche decine di metri dalla casa della famiglia Cecchettin, dove si sarebbe consumata la prima aggressione. E ancora i frammenti di nastro adesivo, che potrebbero essere stati usati per tappare la bocca alla ragazza. Su tutto saranno cercate impronte e tracce di Dna, così anche su capelli, tamponi e altri materiali recuperati e repertati all’interno dell’auto. Gli informatici, da parte loro, in questa prima fase si limiteranno ad estrarre i dati da computer e telefonini. Ci si aspetta una grande qualità di materiale che poi dovrà essere analizzato. E da qui potrebbe arrivare conferme o novità.

LE ACCUSE
Per il momento le accuse a carico del 22enne di Torreglia restano quelle di sequestro di persona, omicidio e occultamento di cadavere, con l’aggravante di aver ucciso una persona con cui era stato legato da una relazione affettiva. Non gli vengono però contestati le aggravanti della premeditazione o della crudeltà, che comportando una possibile condanna all’ergastolo non gli consentirebbero di accedere all’abbreviato con i relativi sconti di pena. Un capo d’imputazione ancora provvisorio che sintetizza, in poche frasi, tutto l’orrore di questo delitto: dal sequestro dell’11 novembre, con la doppia aggressione a Fossò e Vigonovo, l’urlo della ragazza (“mi fai male”), il suo sequestro nell’auto, le coltellate, il sangue... Fino all’abbandono del cadavere, il giorno successiva, in montagna, in una «nicchia naturale, invisibile dalla strada», ricoperto di sacchi neri.
 

Ultimo aggiornamento: 07:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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