Agente no global al G8 di Genova: nel libro di Prestigiacomo cosa è successo quel giorno di violenze

Sabato 5 Giugno 2021 di Maurizio Dianese
Un momento del G8 di Genova e Gianluca Prestigiacomo

VENEZIA -Un Serpico no global. Ecco perchè questo è un libro che segna un punto fermo nelle ricostruzioni sul G8 di Genova 2001. Per la prima volta a raccontare in presa diretta è un poliziotto. Ma non un agente qualsiasi visto che Gianluca Prestigiacomo è della Digos, ovvero uno sbirro cattivo, uno di quelli che scheda gli attivisti politici, che si infiltra nei movimenti di lotta.

E invece no. Gianluca Prestigiacomo è un convinto poliziotto democratico. E, per dirla tutta, un ex Pci che si scopre quasi no-global e in parte condivide - le ragioni delle tute bianche, che si dichiara amico di Luca Casarini, che al G8 di Genova ci va per fare il suo mestiere, che è quello di permettere a tutti di manifestare senza che ci siano violenze.

LA DIAZ

E dunque nulla a che vedere con poliziotti e carabinieri che nel 2001 trasformano Genova in quella macelleria messicana che ha come luogo simbolo la Diaz. E il suo racconto è interessante anzi decisivo - perchè ribalta il tavolo di tutte le ricostruzioni ufficiali e mette in luce tutti gli errori della polizia, utilizzando il punto di vista della polizia. Si percepisce, leggendo il libro, che ne soffre, che non è questa la polizia che aveva in testa e nel cuore lui, ma cerca comunque di trovarne una ragione. Politica, almeno. E così le cariche contro il corteo pacifico dei no global di Casarini, che aveva concordato con la Digos fin nel dettaglio come era solito fare - le modalità e il percorso, si spiegano solo con la necessità della politica di allora (governo Berlusconi-Fini) di delegittimare il movimento no global. Che invece, scrive Prestigiacomo, è un'aggregazione trasversale, un progetto collettivo per la riorganizzazione dell'economia e per una più equa distribuzione della ricchezza, passaggio imprescindibile per l'abbattimento delle disuguaglianze già allora evidenti a chiunque. Questo fu il vero motivo per cui all'incrocio tra via Tolemaide e corso Torino venne caricato il corteo. Una carica che finisce in un bagno di sangue. 

IL TESTIMONE

«Il 20 luglio, quella giornata maledetta si concluse nel modo peggiore che si potesse immaginare. Dovetti fermare dei colleghi che stavano sferrando colpi di manganello su persone innocenti. Dovetti assistere a una guerriglia urbana, vedere il sangue uscire dalla pelle di persone che credevano in un mondo migliore. Gente che sarebbe stata pronta a schierarsi dalla parte dei difensori dello Stato senza esitare un attimo. Erano gli stessi che solo pochi anni prima avevano manifestato contro la mafia, che avevano appeso le lenzuola a Palermo dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio. Invece, mentre stavano gridando un messaggio di speranza, contestando un sistema che avrebbe mandato in frantumi il mondo intero, dovettero subire la più grave delle ingiustizie, l'umiliazione da parte di quello stesso Stato in cui credevano e pensavano di potersi riconoscere». Lo stesso Stato che il giorno dopo fa irruzione alla Diaz e massacra di botte tutti quelli che trova, donne e giovani, uomini e donne. 


Ma c'è un altro poliziotto che Prestigiacomo cerca di raccontare, con grande imbarazzo, come si fa con i miti. Ex capo della Squadra Mobile di Venezia, Arnaldo La Barbera. È lui a guidare l'assalto alla Diaz. Prestigiacomo lo conosceva dai tempi di Venezia e proprio per questo mi sono arrovellato il cervello molte volte nell'arco di questi vent'anni per cercare di capire. Ma nemmeno lui riesce a trovare una risposta vera. Forse, chiude Prestigiacomo, La Barbera è stato vittima della sua incompetenza perchè non era addestrato per gestire l'ordine pubblico. Lui che aveva avuto sempre a che fare con i criminali che cosa poteva capire dei no global?
 

Ultimo aggiornamento: 16:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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