Bonifica di Marghera, assolti Galan, Chisso e Marangon. Tre dirigenti risarciranno la Regione

Martedì 16 Aprile 2024 di Angela Pederiva
Bonifica di Marghera, assolti Galan, Chisso e Marangon. Tre dirigenti risarciranno la Regione

VENEZIA - Assolti i politici, condannati i dirigenti. Ma non tutti quelli finiti davanti ai giudici contabili e non per l'importo quantificato dall'organo requirente: alla fine sborseranno solo in tre, in favore della Regione, una cifra complessiva di 270.000 euro. È questo l'esito del fascicolo, aperto dalla Corte dei conti, sul Progetto integrato Fusina (Pif), il project financing per la bonifica dei siti inquinati e il trattamento dei reflui industriali a Porto Marghera, per il quale era stato inizialmente contestato un danno erariale da 25 milioni anche all'ex governatore Giancarlo Galan e agli ex assessori Renato Chisso e Renzo Marangon.


LIQUAMI E FANGHI


Con la sentenza depositata ieri, la Sezione giurisdizionale per il Veneto ha escluso responsabilità a carico degli storici esponenti di Forza Italia, così come delle pregresse figure apicali di Palazzo Balbi come quelle di Adriano Rasi Caldogno e Fabio Fior. Secondo il verdetto di primo grado, che potrà essere impugnato in appello, a pagare saranno invece le veneziane Gisella Penna e Paola Noemi Furlanis e il trevigiano Giovanni Artico, che all'epoca dei fatti contestati rivestivano ruoli dirigenziali rispettivamente nell'ambito della Legge speciale per Venezia, della segreteria regionale alle Infrastrutture e del Progetto Venezia. Sotto la lente era finito il rapporto di concessione, secondo la formula della finanza di progetto, alla società Sifa del gruppo Mantovani. Per la Procura contabile, l'elemento di maggiore criticità del contratto firmato nel 2005 era rappresentato dalla sostenibilità economica dell'operazione: «A fronte dell'erogazione del contributo pubblico di 92,8 milioni, il concessionario non avrebbe mai conseguito introiti da tariffe secondo le previsioni». Detta in altri termini, in seguito all'abbandono di molte attività dell'area del Petrolchimico, era diminuita la quantità dei liquami e dei fanghi da trattare, dunque erano calati anche i relativi proventi per l'impresa.

Quest'ultima, «che versava in uno stato di grave indebitamento verso il sistema bancario e cercava di reperire liquidità», aveva così chiesto di rideterminare i termini della concessione «proponendo la stipula di un accordo transattivo», sulla base di un articolo della convenzione che prevedeva sostanzialmente questo: oltre una soglia di alea del 5%, sarebbe stato il concedente (e quindi la Regione) a garantire l'equilibrio finanziario, versando la cifra mancante al concessionario (e dunque al privato), che in questo modo «veniva quasi del tutto esentato dal rischio di domanda». Eppure, chiosano i giudici, il Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti «aveva chiaramente messo in evidenza la necessità di migliorare le clausole della convenzione».


UN CENTESIMO


Questo non avvenne, ma i politici di allora non hanno responsabilità, secondo la Corte dei conti: a Galan non può essere imputato «di avere dato esecuzione ad atti deliberativi della Giunta regionale, senza richiedere i dovuti approfondimenti agli Uffici»; quanto a Chisso e Marangon, non si può evincere che «si siano ingeriti nelle scelte gestionali e/o abbiano in alcun modo influenzato l'istruttoria». Il danno erariale addebitato è stato ridimensionato a un centesimo della somma effettivamente versata dalla Regione e sarà così ripartito: 135.000 euro (il 45%) a Penna, 13.500 (il 5%) a Furlanis e 121.500 (il 45%) ad Artico, «per aver tenuto una condotta antigiuridica, gravemente colposa, consistente nella violazione degli obblighi loro intestati in ragione del ruolo rivestito nell'ambito della propria amministrazione e di aver concorso al prodursi di un danno all'erario della Regione Veneto».

Ultimo aggiornamento: 09:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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