Banca cinese clandestina, 13 arresti in tutto il Veneto, 25 imprese nel giro delle fatture false

Mercoledì 20 Marzo 2024 di Angela Pederiva
Banca cinese clandestina, 13 arresti in tutto il Veneto, 25 imprese nel giro delle fatture false

VENEZIA - Ormai è talmente vicina, la Cina, che la "China underground bank" sta qui. Non è più solo un'ipotesi investigativa, per quanto finora suffragata da riscontri oggettivi al punto da essere già entrata nel gergo Europol, né soltanto una suggestione sociologica, come possibile spiegazione al crollo delle rimesse (da 2,8 miliardi a 22 milioni in un decennio) osservato ad esempio dalla Fondazione Moressa. L'operatività di un circuito orientale del credito parallelo e alternativo a quello legale, dunque a tutti gli effetti clandestino, emerge dall'inchiesta con cui la Procura di Vicenza ha sgominato un'organizzazione di presunti riciclatori di denaro "sporco", guadagno di frodi fiscali nel settore dei rottami metallici, ripulito attraverso un complesso sistema imperniato attorno a uno sportello bancario fantasma, gestito da un 38enne cinese residente a Vigonovo e formalmente impiegato in una ditta del Centro Ingrosso di Padova.

Nell'operazione scattata all'alba di ieri, anche grazie al "cash dog" del gruppo di Tessera, 80 militari della Guardia di finanza hanno dato esecuzione all'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale berico, che ha comportato in diverse zone del Veneto 13 arresti, 18 perquisizioni locali e sequestri per 1,5 milioni, considerati il profitto dell'attività illecita condotta su una massa di quattrini quasi ottanta volte più grande.


L'ASSOCIAZIONE
Trovano dunque ulteriori conferme le evidenze che nel 2021 avevano già caratterizzato le indagini delle Fiamme gialle di Pordenone sull’esistenza di una “Via della seta” al contrario. Il nucleo berico di polizia economico-finanziaria ritiene infatti di aver disarticolato un’associazione per delinquere che operava tra Vicenza, Padova, Verona, Brescia, Mantova, Milano, Prato, Chieti e Roma, con collegamenti in Germania, Slovenia e Cina, composta da 16 soggetti(3 vicentini, 9 bresciani, 2 cingalesi e 2 cinesi), di cui 8 sono finiti in carcere e 5 ai domiciliari. Tutto è iniziato dagli accertamenti su un 51enne di Arzignano, sospettato di svolgere l’attività di “spallone”, per il trasporto dei contanti prodotti attraverso frodi fiscali. Ai pedinamenti delle sue frequenti trasferte al di là dell’Adriatico, con soste di appena un’ora, gli investigatori hanno aggiunto le intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali, nonché le indagini bancarie. 

I VIAGGI
In questo modo sono stati ricostruiti 556 viaggi, suoi e degli altri “money mule”, nell’arco di un anno e mezzo. Attraverso due aziende “cartiere”, con sede a Brescia e a Roma, secondo gli inquirenti veniva emessa documentazione contabile falsa per dare copertura formale agli acquisti in nero, effettuati da 25 imprese localizzate anche nelle province di Vicenza, Verona, Rovigo, Mantova, Bolzano, Alessandria, Milano e Torino. In sostanza i clienti saldavano le finte fatture attraverso bonifici ai fornitori fasulli, i quali a loro volta bonificavano il denaro ricevuto a favore di due società situate a Hong Kong e in Belgio. Il denaro inviato all’estero veniva successivamente retrocesso agli acquirenti italiani, al netto delle commissioni per l’organizzazione pari circa all’1,5% delle somme movimentate, attraverso lo sportello virtuale della “China underground bank”.

GLI ACCORGIMENTI
I vertici del sodalizio inviavano al cinese che doveva consegnare i contanti agli “spalloni” il numero di targa o la foto della macchina presa a noleggio. Fra gli accorgimenti alternativi, c’era l’utilizzo del numero seriale di una banconota, usata come codice identificativo per confermare l’autorizzazione al ritiro dei soldi. Quattrini di cui i malviventi sarebbero stati ingordi, a giudicare dal profilo di un 57enne di Chiampo che lavorava nel distretto della concia, ma oltre allo stipendio avrebbe percepito pure l’indennità di disoccupazione Naspi per oltre 5.600 euro e ulteriori 400 euro per ogni viaggio, spesato di pedaggi autostradali, costo del carburante e conto dei ristoranti. «Il monitoraggio dei flussi finanziari – hanno spiegato le Fiamme gialle – rappresenta il metodo più efficace per individuare i capitali di origine illecita, prevenendo e contrastando forme di riciclaggio in grado di inquinare l’economia legale e di alterare le condizioni di libera concorrenza».
 

Ultimo aggiornamento: 18:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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