Uccise la moglie invalida, il perito: «De Zen capace di intendere e volere»

Sabato 2 Marzo 2024 di Maria Elena Pattaro
Uccise la moglie invalida, il perito: «De Zen capace di intendere e volere»

MASER - Sergio De Zen era capace di intendere e di volere quando ha ucciso con una coltellata la moglie invalida. Una capacità ridotta, ma non scemata al punto tale da renderlo non imputabile di omicidio. È quanto emerge dalla perizia psichiatrica eseguita dal dottor Tullio Franceschini, su incarico del gip. Ieri il consulente ha illustrato le proprie conclusioni in sede di incidente probatorio. A chiedere l’accertamento psicologico era stato il difensore dell’indagato, l’avvocata Sabrina Dei Rossi. Secondo il perito, il 74enne che la mattina del 24 settembre scorso affondò un fendente fatale nel torace della moglie Manuela Bittante, 77 anni, per due mesi avrebbe provato grande sofferenza per le gravi condizioni cliniche che l'ictus aveva causato alla donna.

E avrebbe dovuto fronteggiare una situazione difficile non avendo la disponibilità economica per un ricovero in una casa di riposo o l'assunzione di una badante. Una situazione difficile dal punto di vista pratico - ha osservato Franceschini. Secondo lui è probabile che la mattina del 24 settembre l’anziano si sia reso conto di aver perso la persona più importante della sua vita e si sia sentito incapace di sostenere questa situazione. Ecco perché secondo il perito, l’anziano aveva una capacità ridotta di intendere e di volere ma «non grandemente scemata o annullata». Dunque può essere processato. Ora si profila la chiusura delle indagini preliminari, al termine delle quali il pm dovrà decidere se chiedere il giudizio immediato oppure se chiedere il rinvio a giudizio di De Zen, passando quindi per l’udienza preliminare. In caso di giudizio immediato, l’anziano non potrà beneficiare di sconti di pena, previsti invece per altri riti alternativi. 


L’OMICIDIO 
L’omicidio si era consumato nell’abitazione di via Metti dove la coppia viveva insieme alla figlia Aurora. De Zen aveva affondato un coltello da cucina nel torace della moglie, mentre la figlia stava riposando dopo una notte passata ad assistere la madre. Poi aveva chiamato i soccorsi e si era consegnato ai carabinieri di Cornuda, motivando il delitto come un gesto di disperazione. «Non potevo vederla così, non era vita quella. Sicuramente non era l’esistenza che volevo per lei. La situazione non sarebbe potuta cambiare, lei in quel letto ci sarebbe rimasta fino alla fine» disse ai militari. Il 74enne è tuttora in carcere e non ha intenzione di chiedere i domiciliari: «È giusto che io stia dentro qui. Devo espirare quello che ho fatto». La figlia Aurora, assistita dall’avvocato Paolo Pastre, aveva puntato fin da subito il dito contro il genitore, mettendo in dubbio che avesse agito per liberare la moglie dalla sofferenza: «Mio padre non è il martire che è stato dipinto dopo il delitto. Si è sempre comportato come un padre padrone». 

Ultimo aggiornamento: 15:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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