Fotomontaggi hard con i volti delle compagne di classe, lo psicologo Jacopo Lodde: «Nuovo bullismo, e i ragazzi non hanno idea delle conseguenze»

Venerdì 13 Ottobre 2023
Fotomontaggi hard con l'intelligenza artificiale - Foto di Luisella Planeta da Pixabay

TREVISO - «Questa è una nuova forma di bullismo, fatta usando tecnologie modernissime. E, quasi sempre, i ragazzi non hanno idea delle conseguenze di quello che fanno». Jacopo Lodde, psicologo e psicoterapeuta, specialista dell'età evolutiva, inquadra il fenomeno dei fotomontaggi osè per colpire le compagne di classe, con grande lucidità.

Ma invita anche a non farsi travolgere dall'ondata emotiva provocata dalla sdegno o dalla paura di non riconoscere più i giovani che stanno crescendo accanto a noi, nelle nostre case e nelle nostre scuole.

Lodde, ormai casi di video e foto a luci rosse scambiate nelle le chat per prendere in giro amici e compagni di classe, si ripetono con grande frequenza.
«È la forma di bullismo dei nostri giorni. Un tempo veniva preso di mira il compagno di classe grasso o con gli occhiali con modi molto più diretti, oggi ci sono questi strumenti. I giovani sanno usare benissimo l'Intelligenza Artificiale».


I ragazzi passano troppo tempo da soli, attaccati a computer o smartphone?
«Sono soli per molto tempo in una realtà virtuale, con uno strumento potentissimo che loro sanno utilizzare al meglio, ma poco consapevoli di quello che fanno. Però chiariamo una cosa...».


Dica.
«Il 70% dei giovani non è così, ha un uso sano delle nuove tecnologie che conoscono molto meglio degli adulti. Ma il 30% che sbaglia è quello che fa più rumore. E su questi bisogna intervenire».


E come se ne esce?
«Gli psicologi a scuola sono utilissimi, anche se il loro intervento viene visto come la lezione di italiano e matematica. Ma, alla fine, qualcosa lascia e i ragazzi lo recepiscono».


Serve un maggiore intervento da parte delle famiglie?
«Serve un intervento diverso. Bisogna trovare il modo di occupare quegli spazi che i giovani, soprattutto adolescenti, ora vivono da soli. Bisogna avvicinarsi a loro togliendosi gli occhiali della paura o dell'indignazione».


Ci faccia un esempio.
«Ce ne sono tanti. Per dirne uno: oggi quando uscirà sul giornale l'articolo in cui si parla di questo uso distorto e sbagliato di un programma di Intelligenza Artificiale, si potrebbe andare dai propri figli e dire: "Ma di cosa si tratta? Io non capisco niente di queste cose. Come funzionano?". Farsi vedere interessati. I ragazzi ti spiegano e, spiegando, capiscono le contraddizioni. E anche il pericolo che si nasconde dietro certi fenomeni».


Basta questo?
«È sicuramente più efficace che chiudersi solo dietro reazioni di sdegno o di condanna netta. Meglio parlare, discutere, sempre. E non lasciarli soli».


Servono le denunce e le indagini delle forze dell'ordine in casi come questi?
«È importantissimo che questi episodi vengano denunciati e che la Polizia postale faccia tutte le indagini del caso. Ma dobbiamo anche essere consapevoli che, praticamente sempre, questi episodi restano impuniti perché manca una normativa adeguata».


P. Cal.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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