Aggrediscono un passante in centro a Treviso. Il papà del 17enne arrestato: «Mio figlio è uno sbandato. Non so più cosa fare con lui»

Lo sfogo del genitore di uno dei due bulli autori dell'aggressione in vicolo Rialto: "E' già seguito dagli assistenti sociali. Ma non ha più rispetto per gli adulti, nemmeno per la polizia"

Sabato 6 Aprile 2024 di Valeria Lipparini
La Volante della polizia intervenuta a fermare l'aggressione in vicolo Rialto, in centro a Treviso

TREVISO - Il papà di uno dei due bulli fermati ieri in vicolo Rialto racconta, al telefono, il suo senso di impotenza. Misto alla disperazione di aver tentato di costruire una famiglia unita, sana. E di trovarsi, invece, a dover fare i conti, giorno dopo giorno, con la devastazione. La definisce proprio così. Sta lavorando, ma trova ugualmente il tempo di parlarci. È come se chiedesse aiuto perchè non sa più cosa fare. «Siamo in mano agli assistenti sociali per mio figlio. Le dico solo questo». Il figlio ha 17 anni.

In famiglia c’è anche un figlia. «Lei, per fortuna, non ha mai dato problemi» dice il papà. Ma si sente che non è rincuorato. Tutt’altro. Non respira a fondo. Vengono fuori frasi smozzicate e il pensiero torna, e ritorna, su quel figlio che si è perso e che lui non sa come riacchiappare, riconquistare, recuperare.

Nessun rispetto
«Il problema è che non c’è più rispetto. Mio figlio non ha più rispetto per gli adulti, nemmeno per la polizia, o per le forze dell’ordine. Non ha più rispetto per nessuno». Lo dice e le parole gli muoiono in gola. «Vorrei fare tanto. Non so più cosa fare». Diciassette anni sono un’età difficile, di passaggio. Ma anche l’ultimo baluardo prima della maggiore età. Lo sa benissimo il padre. Sa che fra poco quel figlio irrequieto sarà maggiorenne e quello che la legge gli consente di fare ora, tra pochi mesi scomparirà nelle pieghe della legge. Non avrà armi di ricatto, motivi di persuasione, obblighi da imporre. E, allora, non resta che guardarsi indietro per cercare di capire da dove è partito tutto quel disagio, quella rabbia che non con conosce fine.

«Sicuramente tutto è cominciato a scuola, da amicizie sbagliate che mio figlio ha cominciato a frequentare. Poi, però, non so più cos’è successo. Ho perso il filo». Lo ammette e vorrebbe tanto che si compisse un miracolo. Perchè non sa più a che santo votarsi. Invece, il miracolo non si compie. «Sto aspettando la telefonata dalla Questura. Non so cosa ha fatto questa volta e non so cosa mi diranno gli agenti». Poco dopo, riceverà la telefonata che temeva. «Suo figlio è stato arrestato ed è stato condotto in un centro di prima accoglienza». Prima di chiudere la telefonata trova la forza di dire: «Vorrei parlarle di mio figlio in un’altra circostanza, raccontare com’era quando era piccolo». Ma la realtà supera i ricordi per questo genitore che non sa darsi pace.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci