Polegato: «Che stupidaggine. Ora
l'Ue agisca o rischia di crollare tutto»

Sabato 25 Giugno 2016 di Alvise Fontanella
Mario Moretti Polegato
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MONTEBELLUNA - «Questo referendum è stato una gran stupidaggine, di cui non sono state valutate fino in fondo le conseguenze». Mario Moretti Polegato, mister Geox, una delle grandi realtà del Veneto globale, dalla sua scrivania misura l’impatto che «il grande errore» avrà sull’economia non soltanto europea. Di più: «Sulla vita di tutta l’umanità».

Lei se l’aspettava, la vittoria del "fuori dall’Europa"?
«La temevo. Non si può distruggere con due righe di referendum tutto quanto è stato costruito in 43 anni di sacrifici e di lavoro, da quando la Gran Bretagna ha aderito alla Comunità. Un lavoro enorme, di lenta armonizzazione, di leggi, migliaia di riunioni e di vertici in materia di economia, di sicurezza, di politica, di diplomazia. Ci si attendeva il  completamento del progetto europeo, e invece un semplice referendum cancella tutto? Io capisco l’insofferenza inglese, è quella stessa che c’è da noi, è il vedere un flusso migratorio che invade i nostri paesi e un’economia stagnante da ormai nove anni e l’Europa dividersi in egoismi nazionali. Ma buttare a mare il progetto comune non è una risposta razionale. Mi sarei aspettato che i Paesi membri si fossero confrontati su questi due grandi problemi, ed eventualmente si potevano anche indire referendum specifici. Sulle politiche dell’immigrazione, sì che si può fare un referendum. Ma non ha senso farlo sulla storia, sull’appartenenza della Gran Bretagna all’Europa!».

Ma ormai il referendum è storia d’Europa anche quello.
«Purtroppo, perché questo referendum non cambia solo la storia della Gran Bretagna o dell’Europa, ma quella di tutta l’umanità. E non interessa solo l’economia e la finanza, ma la pace, la vita di tutti. La forza del domani non sta nel decidere quale nazione sia più brava delle altre, ma sta nell’unire le nazioni dall’economia più avanzata a proporre la pace nel mondo, lo sviluppo nella pace. Il nuovo ordine mondiale si fonda su colonne, gli Stati Uniti, la Cina, l’Europa. Adesso la domanda: siete contenti di questa Europa?, potrebbe essere rivolta agli olandesi, ai francesi, agli italiani. RischiaQuesto referendum rischia di sgretolare l’Europa, facendo venir meno la credibilità che si stava faticosamente costruendo, e impedendole di svolgere la sua funzione di ordine e di pace mondiale».

Quali saranno le conseguenze a breve termine?
«Ci sarà tempesta sui mercati. Draghi dice che la Bce è preparata, e anche la Banca d’Inghilterra si dice preparata. Ma cosa gli raccontiamo, agli investitori che si trovano i titoli svalutati del 10-20 per cento? È una catastrofe. Cosa gli diciamo ai piccoli e medi imprenditori del Nordest che hanno appena bruciato con le banche tutti i risparmi? Certo, si troveranno accomodamenti, la Gran Bretagna non uscirà subito. Ma il capitale che avevo in mano, che devo usare oggi, dov’è? Come posso investire in questa incertezza?».

E a medio lungo termine, cosa cambierà?
«Ne risentirà l’export. La Gran Bretagna è la seconda economia del continente. Noi, anche dal Nordest, esportiamo molto in Gran Bretagna. Se esportare dovesse diventare più complicato, più costoso, se dovessero tornare dazi, le esportazioni si ridurrebbero. Alcuni settori di esportazione italiana sono molto esposti. Per esempio il settore dei macchinari e della robotica, beni che vengono offerti anche da produttori di altre parti del mondo, che adesso non sono convenienti, ma domani sarà più facile, più vantaggioso per la Gran Bretagna procurarsi quei beni altrove. Altri settori, come il tessile, l’abbigliamento, l’alimentare, in generale il Made in Italy, invece, dovrebbero risentirne meno, perché questi beni sono collegati alla tipicità, all’origine, li produce solo l’Italia».

E a livello di mercati finanziari, cosa dobbiamo aspettarci?
«Le conseguenze a lungo termine saranno pesanti. Oggi la City di Londra è la prima piazza finanziaria del mondo. L’uscita dall’Europa la indebolirà: il business di negoziazione del denaro, sul quale vivono milioni di persone in Gran Bretagna, si sposterà verso New York, verso Shanghai. Ne farà le spese Londra, ma anche l’Europa: il suo valore nel mondo finanziario globale diminuirà, diventeremo più marginali, le regole le detteranno gli asiatici, gli americani».

Cosa deve fare l’Europa per minimizzare i danni?
«Deve agire su due fronti, e deve farlo subito se vuole continuare a esistere. L’esito di questo referendum è espressione di uno scontento diffuso in tutti i Paesi membri, verso un’Eropa incapace da anni di risolvere due scottanti problemi: il flusso di immigrazione incontrollata e la disoccupazione. Questi due problemi, che allarmano le opinioni pubbliche di tutti i Paesi, devono essere affrontati subito, con larghezza di mezzi. Non c’è più tempo, è questione di pochi mesi ormai: se l’Europa non dà immediatamente segnali forti su immigrazione e occupazione, il contagio inglese si estenderà ad altri Paesi».

È stata l’immigrazione, dunque, a scardinare l’Europa?
«Questa verso l’Europa non è l’immigrazione di profughi che scappano dalla guerra, è il mondo che viene qui per cercare di vivere meglio. Ora, l’Europa non può ospitare tutto il mondo, e non può dire ai cittadini che le risorse che hanno accumulato per loro e per i figli devono andare a favore del mondo. Quindi l’Europa deve avviare strategie per regolare questi flussi, deve difendere i confini e aiutare quei popoli nei loro Paesi. Se l’Europa fa questo, verrà percepita dagli europei come baluardo positivo per la loro tranquillità e sicurezza. Se non lo fa, se i flussi continuano, verrà percepita come inutile».

E l’occupazione?
«È il secondo fronte dove l’Europa deve agire subito. I soldi ci sono, la Bce ha inondato le banche di liquidità, però i denari non devono indirizzarsi sul risparmio, ma sulle imprese, sul lavoro, per rilanciare l’occupazione rapidamente. Bisogna seguire l’esempio della Fed americana. Si deve dare, anche su questo fronte, un segnale immediato, se l’Europa vuole arginare il malcontento».

E poi?
«Poi bisogna trovare il coraggio di completare il disegno dell’Europa Unita, superando una volta per tutte le resistenze degli Stati nazionali.

Serve una Costituzione europea che preveda, come negli Stati Uniti, l’elezione popolare diretta del Presidente, servono diritti e regole comuni in materia fiscale, di economia, di difesa, di sicurezza. Non possono coesistere nello stesso sistema Paesi dove si pagano livelli di tassazione troppo diversi. Bisogna armonizzare, bisogna unirsi, l’Europa deve guardare al modello degli Stati Uniti se vuole contare nel mondo».

Ultimo aggiornamento: 11:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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