Padova. Smart working in calo, a richiederlo sono più le donne degli uomini

Lunedì 8 Aprile 2024 di Silvia Moranduzzo
Lo smart working

PADOVA - Una controtendenza? Non esattamente. Piuttosto una peculiarità. A livello nazionale aumenta il numero di persone che lavora da casa mentre a Padova, rispetto agli anni precedenti (che, ricordiamo, sono condizionati dalla pandemia), questo dato è in calo. Statistiche che potrebbero in ogni caso cambiare a breve visto lo stop all'accesso allo smart working facilitato con la scadenza del decreto milleproproghe. Questo non vuol dire che questa modalità di lavoro sparirà perché è aperta la possibilità di accordi tra azienda e dipendenti.

Un dettaglio: come vedremo, sono più le donne che gli uomini a chiedere il lavoro agile.

In quanti scelgono lo smart working

Ma veniamo ai dati a disposizione ad oggi. Secondo quanto raccolto dall'Osservatorio smart working del Politecnico di Milano, in Italia nel 2022 3,57 milioni di persone lavoravano da remoto, numero salito nel 2023 a 3,585 milioni. E le previsioni dicono che si salirà ancora.
E nel territorio padovano? Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, stima che siano circa 58.300 i dipendenti che, oggi, usufruiscono dello smart working almeno un giorno alla settimana, in lieve crescita rispetto al monitoraggio di fine 2022, quando erano 57 mila (ma molti meno rispetto ai 70 mila del 2021).
I dipendenti delle grandi imprese che lavorano da casa sono circa 26.300 (in lieve risalita), quelli delle piccole e medie imprese 14.800 (circa il 10% del totale della loro forza lavorativa, anche qui c'è un leggero incremento). Troviamo poi 14.900 lavoratori delle micro imprese (in flessione rispetto ai 17.100 radiografati un anno fa). Ne vanno poi aggiunti circa 2.300 della pubblica amministrazione (a loro volta in flessione).

Nel pubblico

Andando a guardare cosa succede nel pubblico (6.600 dipendenti) vediamo che, per esempio, alla Provincia di Padova 9 persone hanno scelto il telelavoro, 17 lo smart working. Perché questa differenza? Il primo si svolge al proprio domicilio con gli stessi orari che si avrebbero in ufficio, il secondo è più flessibile, può essere svolto ovunque si riesca a lavorare e con orari più agili. Dei dipendenti in telelavoro 2 sono uomini e 7 donne, di quelli in smart 2 sono uomini e 15 donne. Passiamo al Comune dove nel secondo semestre del 2023 su 1.872 dipendenti hanno usufruito del lavoro agile in 368, poco più del 19%. Al 31 dicembre 2023 hanno sottoscritto un accordo per il telelavoro 7 donne, invece per lo smart working 264 donne e 100 uomini.

Nella sanità

Nella sanità (11.500 dipendenti) il lavoro agile è concesso, per forza di cose, agli amministrativi. In Azienda ospedaliera hanno chiesto lo smart working 28 persone, di cui 6 uomini e 22 donne. All'Ulss 6 Euganea, invece, nessun dipendente lavora da casa: l'azienda sanitaria aveva introdotto il lavoro agile ben prima del Covid. E non lo ha abbandonato perché ora che è scaduto il decreto l'Ulss ha aperto alla possibilità di concedere lo smart working a quei lavoratori fragili che lo richiedono.

L'Università

E infine, uno sguardo all'Università di Padova, una delle prime istituzioni a mettere in atto lo smart working quando è esplosa la pandemia per garantire la continuità del lavoro. L'Ateneo permette di lavorare fuori dalla sede per un massimo di due giorni a settimana. I dipendenti in telelavoro sono 171 mentre ben più alto è il numero di coloro che hanno scelto il lavoro agile: 1.585 su un totale di 2.600, di cui 1.147 donne e 438 uomini. Parliamo di personale tecnico-amministrativo, quasi il 61% quindi oltre la metà.
Piccola postilla: dai dati emerge la preponderanza delle donne nel chiedere il lavoro agile. Il che potrebbe dare il via a una riflessione, visto che questa modalità d'impiego viene scelta per coniugare gli impegni professionali con la vita privata. Il peso del lavoro di cura ricade sempre più sulle spalle delle donne che degli uomini?

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Ultimo aggiornamento: 17:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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