Export e imprese, caccia a un'alternativa legale per continuare a vendere in Russia nonostante le sanzioni

In Veneto e Friuli Venezia Giulia le aziende dei settori più colpiti cercano strade a norma di legge per ovviare all'embargo

Mercoledì 11 Maggio 2022 di Marco Agrusti
Export e imprese, caccia a un'alternativa legale per continuare a vendere
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Il confine è sottile e scivoloso. Perché c'è quello che legalmente si può fare, magari sfruttando cavilli e strettoie nel complesso sistema di sanzioni eretto dall'Unione europea contro la Russia, e quello che invece non si potrebbe fare, ma che nel sottobosco della sopravvivenza economica delle aziende non è così raro che accada. Si prenda ad esempio il settore del mobile e dell'arredo: a Nordest (Veneto e Friuli Venezia Giulia in cima alla classifica) l'export nei confronti della Federazione russa per questo comparto valeva il 20 per cento della quota nazionale. Non tutti i beni sono colpiti dalle sanzioni (il sistema è variegato), ma i pagamenti - quelli sì - ormai sono quasi impossibili. Ecco allora che le aziende si stanno attrezzando per conoscere come poter comunque esportare la propria merce in Russia senza incorrere nel blocco dei traffici.


Export in Russia: come continuare a vendere?


Da ormai più di un mese è scattata la caccia a un'alternativa legale per continuare a vendere in Russia nonostante le sanzioni.

E come detto ci sono metodi perfettamente leciti e altri meno. Il timore delle aziende è quello di perdere definitivamente un mercato importante: non solo mobili e lusso, ma anche calzature e tessile. Matteo Tonon guida il Cluster legno-arredo del Friuli Venezia Giulia e racconta un particolare che aggiunge dettagli alla situazione. «Sempre più aziende - spiega - si stanno rivolgendo a consulenti legali specializzati proprio in questa materia. Si tratta di figure che analizzano il complesso sistema delle sanzioni internazionali e ricercano le formule alternative permesse dalla normativa». Una normativa che evidentemente non è così perfetta come si pensava quando da Bruxelles piovevano gli annunci roboanti. I consulenti che fanno? Semplicemente spiegano all'azienda cosa può e cosa non può fare. Ma allo stesso tempo provano ad aprire i canali ancora possibili per rendere il commercio in Russia di nuovo fattibile. Cambiare categoria merceologica, aggiornare il proprio sistema bancario di riferimento, appoggiarsi a un ente di credito (russo) ancora non colpito dalla scure dell'Unione europea. «La quota di mercato attuale - spiega ancora Tonon - ci dice che i traffici tra i due Paesi non sono totalmente azzerati. Il vero problema, però, non è rappresentato dalla merce in sé, quanto invece dal blocco dei pagamenti». Il famoso sistema Swift, che serve a garantire la bontà di un bonifico internazionale. «Ci sono aziende - illustra ancora Tonon - che hanno ricevuto l'acconto di un pagamento prima che scoppiasse la guerra in Ucraina e che ora non riescono ad ottenere il saldo dello stesso acconto. Per questo motivo sono costrette a tenere la merce (già tecnicamente venduta) ferma nei magazzini».


Triangolazioni per esportare merce in Russia


C'è poi il lato più sommerso della crisi, quello che comprende diverse segnalazioni - giunte anche dai più alti ambienti di Confindustria - di realtà economiche e imprenditoriali che starebbero agendo diversamente, puntando cioè sulle triangolazioni. È già accaduto in passato quando l'Iran era stato colpito dalle sanzioni internazionali; starebbe succedendo anche adesso. L'azienda locale, in sintesi, si servirebbe di un Paese terzo per continuare ugualmente ad esportare in Russia. Le mete più gettonate sono rappresentate dal Kazakistan e dall'Azerbaijan. Stati non colpiti da alcuna sanzione, dove si può vendere e comprare liberamente. Solamente che da lì la merce prenderebbe la strada di Mosca. Un tema che più parlamentari hanno già promesso di portare all'attenzione del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.

Ultimo aggiornamento: 17:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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