Belluno. A 150 anni dal terremoto in Alpago. L'esperto: «Le placche si avvicinano, prevediamo una scossa di magnitudo superiore a 6»

Il presidente dell'Ingv Carlo Doglioni: «Serve aggiornare la carta del rischio dei terremoti»

Venerdì 30 Giugno 2023 di Simone Tramontin
Belluno. A 150 anni dal sisma in Alpago

BELLUNO - «Servirebbe un'applicazione preventiva del senno di poi». Si è chiusa con questo monito la prima giornata di studi organizzata a Belluno per celebrare il 150esimo anniversario del terremoto che segnò la città, nel 1873. Ieri, il lungo dibattito (aperto alle 9 e chiuso alle 19) inaugurato dall'intervento del presidente dell'Ingv, il feltrino Carlo Doglioni, ha fatto il punto sulla sismicità nella zona delle Prealpi, rimettendo al centro la cultura della prevenzione per superare una contraddizione illogica: a dispetto della prestigiosa tradizione scientifica italiana, i terremoti continuano a consumare vite umane e risorse economiche.

Quanto al Bellunese, ieri al centro dell'incontro, servirebbe alzare l'attenzione e stringere i lacci delle norme sulle costruzioni.

Rivederle, immaginando di comportarsi a Belluno come in una vera e propria zona d'epicentro. La natura non segue un orologio: i terremoti, lo dicono le serie storiche, non si può dire quando accadranno; ma la scienza ha ormai strumenti più che attendibili per capire almeno dove potrebbero verificarsi.

Terremoti, possibile prevederli?

A spiegare il "meccanismo" messo in luce dagli studi è il presidente Doglioni: «Conosciamo la "fascia" dove il terremoto può svilupparsi; non sappiamo in quale località, lungo queste aree, arriverà prima né quando arriverà. Di certo, però, l'area delle Prealpi è particolarmente interessata. Fisicamente, il grosso dell'energia si accumula infatti dove avviene un cambio di topografia: nel caso specifico, il passaggio dalle Dolomiti alle Prealpi. È qui il punto più debole del sistema». Il secondo punto debole è invece tutto umano: il sistema di regole immaginate per mettersi al sicuro, che andrebbe rivisto. «Rispetto alle norme attuali, dovremmo costruire e fare prevenzione ipotizzando che anche il Bellunese possa essere una zona epicentrale. Attualmente le norme danno agli ingegneri dei valori validi soprattutto per zone esterne a quella epicentrale, perché proposte in tempi in cui non c'erano le conoscenze che abbiamo oggi. Ma rispetto alla carta sismica ufficiale a Belluno si dovrebbe ragionare come si fosse in Friuli».

La redazione delle carte si è basata principalmente su dati storici: «Il catalogo storico registra qui meno eventi e quindi si pensa che questi avvengano più raramente. Ma ciò comporta costruire secondo criteri meno stringenti. Andrebbe modificata la legge». Il motivo della valutazione sta nella fisica stessa del fenomeno: l'attivazione di segmenti vicini lungo le faglie. Se la crosta terrestre è divisa in placche e queste si muovano reciprocamente, la zona del Bellunese, rientra in un sistema molto complesso dove le strutture si comprimono, spingendo l'una contro l'altra.

Le placche si muovono

«La struttura prealpina è complessa, ma per semplicità immaginiamo che ci sia un unico piano di faglia, diciamo di 250 chilometri, da Gorizia a Schio, passando per le Prealpi, che permette la liberazione dell'energia accumulata. Ogni volta, di questa intera faglia, si attiva un segmento lungo circa 30 chilometri: nel terremoto del Friuli si è attivato un segmento. Bene, ora di chilometri ne avanzano altri 200. Si tratta di un'attivazione che va "a scatti": si verifica dove si è accumulata un'energia sufficiente per muovere il volume di crosta verso l'alto. E l'energia è molta: le placche si muovono contro la gravità, nella compressione. Grande energia significa terremoto più severo».

Possibile magnitudo 6

Dalle misure, basate anche sulle nuove tecnologie Gps, l'Ingv ha stimato un raccorciamento (il moto relativo tra placche) di 2 millimetri l'anno. «La catena bellunese si sta formando perché le due placche si avvicinano. In totale 20 cm ogni secolo. Se ora ipotizziamo che ci sia un movimento sviluppato in 5 secoli (quindi 1 metro di spostamento), allora sappiamo si potrà generare un evento di magnitudo superiore a 6». Ecco perché il Bellunese "rischia": «Il segmento già attivato, per esempio quello del Friuli, in qualche misura si è "scaricato". Saranno quelli vicini, ancora "carichi" che con maggiore probabilità, vedrà l'attivazione successiva».

Ultimo aggiornamento: 2 Luglio, 21:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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