Grillo chiede il voto: "Ora risposte dal Pd". Manovra, voto domani

Martedì 6 Dicembre 2016
Grillo chiede il voto: "Ora risposte dal Pd". Manovra, voto domani

Acque sempre agitate nella maggioranza dopo la sconfitta del Sì al referendum costituzionale che ha costretto Matteo Renzi a lasciare palazzo Chigi. Le dimissioni congelate del premier fino all'approvazione della legge di bilancio su invito del Colle non risolvono il nodo dell'Italicum e il dibattito politico si fa sempre più teso in attesa della Direzione del Pd e delle consultazioni per un nuovo governo.

Tutto ancora da sciogliere il nodo della durata del prossimo esecutivo che per Renzi dovrebbe chiudere il capitolo della legge elettorale e portare a elezioni anticipate in tempi brevissimi, forse già "a gennaio-febbraio", con l'Italicum alla Camera, dopo le eventuali correzioni della Consulta, e il proporzionale con sbarramento al Senato, il "Consultellum". "Non lascio la bandiera del voto anticipato a Grillo e agli altri - le parole di Renzi, secondo la Repubblica - Se lo facciamo il Pd è morto, fa la fine che ha fatto dopo aver appoggiato il governo Monti".

LA PRIMA CHIAMA DOMANI L'orario della prima chiama per il voto di fiducia sulla legge di stabilità è previsto per domani alle 13.30. A precisarlo è il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, Luciano Pizzetti, dopo che alcuni senatori avevano dato ai cronisti un altro orario, cioè le 14.30.

GRILLO: SUBITO RISPOSTA SUL VOTO «Prima si vota meglio é. Noi la pensiamo così, il PD che ne pensa? La voce del suo segretario conta ancora qualcosa? Basta chiacchiere e battute. Siate chiari davanti agli italiani. Aspettiamo una risposta dopo la vostra direzione di domani». Così Beppe Grillo dal suo blog. 

GOVERNO PADOAN? L'approvazione della manovra non frena però la ricerca della soluzione per il dopo. E giochi e contatti sono già partiti. In pole nei gradimenti del Pd sarebbe un esecutivo guidato da Pier Carlo Padoan che confermerebbe un buon numero degli attuali ministri, al netto di quelli strettamente renziani come il ministro Boschi, anche lei ferma nell'intenzione di lasciare. La richiesta dei vertici Pd, spiegano fonti di maggioranza, è di un governo di scopo di brevissima durata per tornare, dopo la riforma dell'Italicum, alle urne già a marzo o al massimo a giugno.

Ma il 2017, tra l'anniversario dei Trattati di Roma a marzo e il G7 a guida italiana a fine maggio e, prevede impegni che richiedono un governo in carica. Davanti ad un orizzonte più lungo che potrebbe anche arrivare alla scadenza naturale della legislatura, Padoan potrebbe non essere più disponibile, per lealtà a Renzi, e, a quel punto, secondo i rumors, il presidente della Repubblica potrebbe puntare su una figura istituzionale come il presidente del Senato Pietro Grasso. Ma al momento si tratta di scenari perchè Mattarella, quando aprirà le consultazioni, ha intenzione di ascoltare con attenzione tutti i partiti.

UDC LASCIA AP: CONTRARI AL VOTO «L'idea di far precipitare il Paese verso il voto appare più il segno di una reazione emotiva che un disegno politico utile all'Italia. Su questo punto si segna l'ultima differenza nei confronti di Alfano. L'esperienza di Ap, forse mai decollata, si conclude qui con lo scioglimento dei gruppi e la ripresa di autonome presenze parlamentari». Lo annunciano in una nota congiunta i parlamentari dell'Udc assieme al segretario nazionale Lorenzo Cesa. Da Ap escono quindi 4 deputati e 1 senatore.

Ad uscire dai gruppi congiunti, si apprende dall'Udc, sono i parlamentari Buttiglione, Binetti, De Mita e Cera e il senatore De Poli. «In questo momento riteniamo che in primo luogo spetti al presidente Mattarella definire percorsi e prospettive. Ci limitiamo a considerare che dopo il referendum il Paese ha bisogno con urgenza di una messa in sicurezza sociale, di interventi sul sistema creditizio a tutela dei risparmiatori e di una nuova legge elettorale a base proporzionale votata dal parlamento. E non ultimo c'è bisogno, al di là delle distinzioni sul referendum, di un lavoro di ricomposizione specie all'interno dell'area del cattolicesimo popolare e di ceti medi e popolari, che miri alla costruzione di un soggetto politico credibile» si spiega nella nota dell'Udc che conclude: «Facciamo appello a noi stessi e a quanti, tra parlamentari e movimenti nella società civile, colgano come noi la rilevanza di questo passaggio». 

ALFANO: NO ACCANIMENTI, MEGLIO VOTARE «Sono contrario agli accanimenti terapeutici, se si capirà che la legislatura ha esaurito la sua funzione, meglio andare al voto». È quanto afferma al Corriere della sera il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, che spiega: «Questo referendum ha dimostrato che l'area di governo contro il resto del mondo ha preso 13 milioni di voti. Sono gli stessi presi dal Popolo della libertà nel 2008 quando vinsero le elezioni».

Sul suo incontro con il presidente Matteo Renzi, Alfano dice di non essere autorizzato a riferire quello che si sono detti ma, aggiunge, «posso fare un pronostico sulla volontà di andare a elezioni a febbraio. Naturalmente sarà il capo dello Stato Sergio Mattarella a decidere, non noi». «Possiamo dire - osserva quindi Alfano - che da soli siamo maggioritari nel Paese e abbiamo incassato il 40% governando, quindi stando dalla parte più difficile. Questi sono i nostri voti, dall'altra parte c'è un litigioso condominio».

Alla domanda se andrà alle elezioni alleato con Renzi, il ministro dell'Interno replica: «Certamente manteniamo la nostra posizione di autonomia ma con un giudizio positivo su quanto abbiamo fatto insieme in questi anni». Sulla legge elettorale afferma: «Io credo che in ogni caso la cosa da mettere è il premio alla coalizione, mentre bisogna togliere il ballottaggio».

SALVINI: ASPETTIAMO CONSULTA, POI VOTO «Elezioni subito, prima possibile.

Il messaggio degli italiani è chiaro». Lo afferma alla Stampa, Matteo Salvini, leader della Lega, che spiega che non voterebbe un governo per fare la legge elettorale: «No. Mi sta bene la legge elettorale che uscirà dalla sentenza della Consulta. E poi alle urne». «Dico soltanto - aggiunge - che il proporzionale puro non mi piace. Però l'importante è votare». Su chi vedrebbe a Palazzo Chigi, Salvini afferma: «Il totonomime che stanno facendo è di pessimo gusto. Noi non ci uniamo al casting. Il Pd ha la maggioranza in Parlamento, scelga. Vigileremo che Renzi non faccia l'ennesima capriola e che qualcuno non tiri a campare. Ma nessun inciucio: è d'accordo anche Berlusconi». «Noi della Lega - dice Salvini - siamo pronti», «qualunque leadership e programma del centrodestra dovrà essere votato dagli elettori. Il tempo delle investiture dall'alto è finito». Il leader della Lega afferma di volere le «primarie per dare vita a una federazione di partiti con identità diverse, ma uniti da un programma chiaro», farle a «gennaio andrebbe benissimo».

Ultimo aggiornamento: 17:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA