Gli Houthi rafforzano i depositi nelle gallerie segrete: nell'arsenale missili balistici, droni marini e aerei

Il problema, sottolineano gli esperti, è che gli Usa si trovano di fronte a un vero e proprio dilemma

Giovedì 7 Marzo 2024 di Lorenzo Vita
Houthi rafforzano i depositi nelle gallerie segrete: nell'arsenale missili balistici, droni marini e aerei

L’attacco mortale contro la nave True Confidence, il cargo colpito a circa 50 miglia nautiche a sud di Aden, ha segnato una svolta nella guerra dagli Houthi.

Per la prima volta, la milizia ribelle dello Yemen non ha solo colpito un’imbarcazione, ma ha anche ucciso alcuni membri dell’equipaggio. In questo caso tre marittimi di cui due di nazionalità filippina. «Gli statunitensi e i britannici soffrono le ripercussioni della loro militarizzazione del Mar Rosso», ha detto il portavoce Abdusalam Salah. Una dichiarazione che, unita al raid di poche ore prima, conferma quello che molti analisti affermano dall’inizio dell’escalation: gli Houthi non intendono fermarsi. La loro minaccia può durare anni.

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LO SCENARIO

Dopo anni di oblio, in cui la guerra dello Yemen sembrava ormai congelata e i negoziati per una pacificazione in corso d’opera, con la guerra a Gaza gli Houthi hanno rialzato la testa. E lo hanno fatto unendo la loro causa a quella palestinese. Una mossa in linea con l’ideologia che caratterizza loro e il loro sponsor: l’Iran. Ma per molti esperti, la causa palestinese serve anche a legittimare la lotta Houthi in Medio Oriente e all’interno dello stesso Yemen. E questo anche per reclutare nuove leve pronte a combattere una “lunga guerra”. Lo hanno spiegato anche alcuni analisti ad Al Ain News, secondo i quali, scrive il Jerusalem Post, la milizia sciita starebbe «reclutando migliaia di giovani uomini e bambini con lo slogan e le rivendicazioni di “Sostenere la Palestina”». Slogan simili a quello usato ieri dal portavoce della milizia, che ha scritto che «il mondo non deve dimenticare i crimini genocidi commessi da Israele contro il popolo di Gaza, con il pieno sostegno americano».

PERICOLO IN MARE

Il rischio è che l’escalation tra Golfo di Aden e Mar Rosso sia solo una parte della strategia Houthi. Le forze ribelli, che si concentrano nella parte occidentale dello Yemen, tra Sanaa e Hodeida, sanno di poter contare su decine di migliaia di miliziani. Il loro arsenale, in larga parte fatti di missili di fabbricazione iraniana, ma anche cinese e russa, è enorme. Le stime parlano di migliaia tra missili antinave e balistici, droni aerei e navali. E se gli Stati Uniti cercano di contrastare il traffico di armi dall’Iran, queste continuano a fluire in Yemen e a riempire arsenali che negli anni si sono dimostrati colmi anche di mezzi prodotti “in casa”. Sistemi nuovi e tecnologicamente avanzati come i droni sottomarini, quelli che il leader Abdul-Malik al-Houthi ha annunciato trionfalmente ai media. E la notizia del danneggiamento dei cavi sottomarini ha acceso i riflettori sul pericolo che gli Houthi possano colpire le telecomunicazioni, imponendo così non solo lo stop al commercio, ma anche al flusso di dati.

GLI OBIETTIVI

Che il desiderio degli Houthi sia quello di continuare una guerra parallela a quella di Hamas e di sfruttare in futuro questo arsenale lo dimostrano anche altre notizie. Secondo Bloomberg, la milizia sciita avrebbe da tempo rafforzato i propri depositi scavando gallerie e nascondigli anche nelle montagne vicino Sanaa. E questo serve soprattutto a diminuire gli effetti dei bombardamenti angloamericani. Londra e Washington da mesi colpiscono i missili e le postazioni di lancio Houthi. E negli ultimi giorni sono circolate anche notizie su un nuovo raid contro il porto di Hodeida. Ma sono in molti a credere che questa strategia non sia particolarmente efficace.

LE PROSPETTIVE

Il problema, sottolineano gli esperti, è che gli Usa si trovano di fronte a un vero e proprio dilemma. Fino a questo momento, i raid sono stati molto chirurgici per “degradare” la minaccia, ma non hanno inciso sulla volontà degli Houthi. L’opzione della guerra aperta, come ricorda anche l’Arab Gulf States Institute di Washington, rischia di provocare un incendio regionale che Joe Biden vuole evitare a ogni costo. Anche perché la milizia potrebbe decidere di colpire gli alleati Usa, in particolare il vecchio nemico saudita. E intanto, i cosiddetti “Partigiani di Dio” hanno un vantaggio tattico: i costi. La loro guerra è fatta di missili e droni che hanno prezzi irrisori rispetto alle armi usate dall’Occidente. Ma i costi che impongono al commercio mondiale, dalle assicurazioni al carburante per circumnavigare l’Africa, sono molto alti. Così come è alto il successo strategico che stanno raggiungendo: diventare non solo gli interlocutori necessari per passare per Bab el-Mandeb, ma anche sempre meno dipendenti dal “dominus” in Iran.

Ultimo aggiornamento: 8 Marzo, 13:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA