Airbnb, sequestrati 779 milioni di euro. «Ha evaso tasse per oltre 3 miliardi in Italia». Cosa succede ora

I pm: tra il 2017 e il 2023 sottratti al Fisco tutti i proventi degli affitti in Italia

Lunedì 6 Novembre 2023
Airbnb, sequestrati oltre 779 milioni di euro: l'inchiesta della procura di Milano per reati fiscali

Mancato versamento della cedolare secca dal 2017 al 2021. Con questa contestazione la Procura di Milano ha chiesto e ottenuto dal giudice per le indagini preliminari il maxi sequestro di oltre 779 milioni e 453 mila euro eseguito ieri nei confronti di Airbnb Ireland Unlimited Company, titolare della piattaforma di affitti brevi, e di tre persone che nel periodo di indagine hanno rivestito cariche di amministrazione all’interno del gruppo, accusate dalla Procura di Milano di frode fiscale.

In base alle indagini non hanno pagato la cedolare secca su canoni che ammontano a quasi 4 miliardi di euro.

Le verifiche

L’inchiesta condotta dai pm del Secondo dipartimento guidato dall’aggiunto Tiziana Siciliano, a conclusione della verifica fiscale svolta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della gdf, avrebbe accertato che nel nostro Paese Airbnb Ireland «non ha ottemperato agli obblighi introdotti» dalla legge del 2017, sottraendosi alla dichiarazione e al versamento (in qualità di sostituto d’imposta) di ritenute per un ammontare pari all’importo sequestrato e «calcolate in misura del 21 per cento, la cosiddetta cedolare secca, su canoni di locazione breve per 3 miliardi e 700 milioni corrisposti nel periodo 2017-2021 dagli ospiti delle strutture ricettive pubblicizzate dalla piattaforma, a fronte delle prenotazioni effettuate».

Il decreto

In sostanza, è l’ipotesi, sulla cifra miliardaria incassata con gli affitti la società ha versato agli host, cioè i proprietari degli immobili, la cifra pagata dai locatari «al netto della commissione addebitata per l’utilizzo della relativa infrastruttura digitale», omettendo di saldare i conti con il fisco italiano per gli anni da gennaio 2019 a gennaio 2023. Ma, come sottolinea il gip Angela Minerva nel decreto, Airbnb «ormai da anni» ha «assunto la deliberata opzione aziendale» di conformarsi alla normativa italiana sul versamento della cedolare secca sugli affitti brevi, «con il fine precipuo di non rischiare la perdita di fette di mercato in favore della concorrenza». Il sequestro del denaro è reso necessario dal «pericolo» che la «somma oggetto di illecito risparmio fiscale venga interamente dispersa», con danni per il «mancato incasso del debito erariale», ma anche per «tutti gli altri operatori del settore che invece versano regolarmente tale imposta».

La norma

Per la Procura l’obbligo in capo alla società estera di prelievo alla fonte sulle somme versate dagli affittuari ai locatori e di «successivo versamento del tributo evaso» è stato confermato dal doppio vaglio operato» sia dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, sia dal Coniglio di Stato. Al centro della vicenda, la legge del 2017 su cui da anni è in corso una battaglia legale la società e l’Agenzia delle entrate. La norma prevede che le piattaforme facciano da sostituto d’imposta per gli host, trattenendo e poi versando il 21% sui guadagni che i titolari delle case sono tenuti a pagare al fisco. Proprio in merito agli obblighi di ritenuta alla fonte nel maggio 2023 la guardia di finanza di Milano ha emesso un rapporto di verifica fiscale raccomandando un accertamento formale di 779 milioni di euro sulla controllata di Airbnb in Irlanda, concluso con una contestazione record da parte dell’Agenzia delle entrate al gruppo statunitense: oltre 500 milioni di euro di imposte che non sarebbero state versate al fisco italiano, la cifra più alta mai richiesta a una internet company dopo gli 870 milioni di Iva contestati all’inizio dell’anno al gruppo Meta, che controlla Facebook e Instagram.

I ricorsi

In parallelo è proseguita l’inchiesta della Procura, con sullo sfondo il braccio di ferro tra la piattaforma americana - che nel 2022 ha visto volare gli utili a 1,9 miliardi di dollari - e l’Italia. Airbnb si è infatti mossa contro la legge del 2017 impugnandola davanti al Tar, poi il Consiglio di Stato ha coinvolto la Corte di giustizia dell’Unione europea. La quale a dicembre 2022 ha dato parzialmente torto a Airbnb in merito al ricorso presentato sul regime fiscale italiano per le locazioni brevi introdotto sei anni fa. A detta dei giudici europei la legge «non osta né all’obbligo di raccogliere informazioni né alla ritenuta d’imposta previsti da un regime fiscale nazionale». La società però ha avuto ragione sulla parte relativa all’obbligo di designare un rappresentante fiscale, giudicato «una restrizione sproporzionata alla libera prestazione dei servizi».

Ultimo aggiornamento: 8 Novembre, 08:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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