Ferragni-Joker, dai dipendenti «pagati poco» ai «vasi comunicanti» fra società: ecco cosa rivela L'Espresso

Il setimanale indaga sulla presunta «rete ingarbugliata di srl» riconducibili all'influencer e la «girandola di quote azionarie»

Sabato 9 Marzo 2024 di Mario Landi
Ferragni-Joker, dai dipendenti «pagati poco» ai «vasi comunicanti» fra società: ecco cosa rivela L'Espresso

Chiara Ferragni si è detta pronta a intraprendere azioni legali contro il settimanale "L'Espresso" dopo la pubblicazione della copertina in cui l'influencer viene paragonata a Joker, l'antagonista del supereroe Batman.

All'interno del numero pubblicato l'8 marzo un'inchiesta a firma di Gloria Riva, in cui si parla della presunta «rete ingarbugliata di società» riconducibili all'influencer, di una «girandola di quote azionarie» di «manager indagati e dipendenti pagati poco». Secondo "L'Espresso", Chiara Ferragni sarebbe a capo di «un impero dove la trasparenza non è di casa».

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I dipendenti pagati poco

L'inchiesta del settimanale parte dalla Tbs Crew, la società più operativa della rete, che si reggerebbe su soli 16 dipenenti: questi costerebbero «solo 67 mila euro a testa, compresi Tfr e contributi», a fronte «di un fatturato 2022 di 14,5 milioni di euro e 5,1 milioni di utili». Chiara Ferragni e il suo manager Fabio Maria Damato, indagato per concorso in truffa aggravata, incasserebbero invece compensi da consiglieri di «320mila euro per la sola Tbs».

La girandola di quote azionarie

"L'Espresso" si sofferma su quella che definisce una girandola di quote azionarie: all'interno della Tbs Crew sarebbe avvenuta una «miracolosa moltiplicazione di quote arrivate al 145%». Aggiungendo sarcasticamente: «Chissà, neppure i notai se ne sono accorti».

Quote che Chiara Ferragni, secondo il settimanale, avrebbe conferito a Sisterhood, «altra srl che oggi funge da holding ed è pienamente sotto il controllo dell'influencer: qui i dipendenti sono due e costano 15 mila euro l'uno, una miseria. La perizia indica che il valore di Tbs è 1,7 milioni di euro, mentre il conferimento alla Sisterhood è di 10mila euro, con un sovrapprezzo di 995 mila euro».

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L'intricata rete di società

Il settimanale aggiunge che Fenice srl, licenziataria del marchio Chiara Ferragni, «dal 2014 vive un vorticoso passaggio di quote» almeno fino al 2018, quando secondo Maurizio Dattilo, commercialista deceduto, «valeva 36,2 milioni di euro. Da notare che quattro anni più tardi, una seconda perizia richiesta da Chiara Ferragni per conferire il suo 32,5% alla holding Sisterhood, dirà che il valore di Fenice è 4,7 milioni». "L'Espresso" riflette: «Possibile che si sia svalutata così tanto in così poco tempo?».

È a questo punto che si inseriscono società terze, legate in maniera più o meno evidente alla Ferragni, che avrebbero dato vita a una compravendita di quote delle società riconducibili all'imprenditrice digitale. Un meccanismo, secondo l'inchiesta, in cui «una mano lava l'altra». In questo turbinio entra anche l'Enpapi, ente nazionale di previdenza degli infermieri, che è finito commissariato. 

Il meccanismo dei "vasi comunicanti"

L'ipotesi del settimanale è che «le tre srl - Tbs Crew, Fenice e Sisterhood - agiscano come vasi comunicanti e, all'occorrenza, sia possibile caricare costi e fatturato l'uno sull'altra». In questo scenario spunta anche la Ferragni Enterprise, una «società semplice che non deve neppure depositare il bilancio, incastonata nella capogruppo Sisterhood e posta a bilancio per 12,8 milioni». Al suo interno ci sarebbe anche «il super attico» in cui vive Chiara nel quartiere City Life di Milano, costato «a Sisterhood 10,8 milioni di euro Iva inclusa».

L'inchiesta afferma che Sisterhood è «la srl più ricca dell'universo Ferragni», in grado di generare «2,6 milioni di euro di profitti nel 2022» dopo i «7,2 milioni nel 2021 e i 5,7 milioni nel 2020». Adesso, tuttavia, ci sarebbe il rischio che la rescissione dei contratti di numerosi brand - da Safilo fino a Pigna - possa intaccare questi risultati.

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