MEDIO ORIENTE

Gaza, Netanyahu: «La posizione di Hamas è la prova dei danni dell'Onu». E Israele ritira delegazione dalle trattative a Doha

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Martedì 26 Marzo 2024

Mezzaluna rossa: ospedale al-Amal di Khan Yunis ha smesso di operare

La Mezzaluna Rossa ha fatto sapere che l'ospedale al-Amal di Khan Yunis, nel sud della Striscia, ha «smesso di operare» dopo che l'Idf ha «evacuato la struttura e bloccato gli ingressi».

L'organizzazione palestinese su X ha espresso « disappunto per il fatto che l'ospedale sia stato messo fuori servizio dopo che la comunità internazionale non è riuscita a fornire la protezione necessaria al proprio personale, ai pazienti e agli sfollati». L'esercito israeliano ha più volte spiegato di aver cominciato ad operare nella struttura «sulla base di informazioni precise di intelligence» che indicano la presenza di «terroristi sul posto».

Qatar: i colloqui per la tregua a Gaza sono ancora in corso

Il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar Majed al-Ansari ha riferito ai giornalisti che i negoziati per una tregua a Gaza sono ancora in corso, ma non ha fornito ulteriori dettagli. Lo riporta il Times of Israel. Ansari ha respinto le affermazioni israeliane secondo cui la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiede un cessate il fuoco avrebbe avuto «un impatto immediato» sui colloqui.

Netanyahu: «Posizione di Hamas prova dei danni dell'Onu»

«La posizione di Hamas dimostra in maniera chiara che non è interessato a continuare le trattative e rappresenta una prova dolorosa dei danni causati dalla decisione del Consiglio di sicurezza», sul cessate il fuoco a Gaza. Lo ha detto l'ufficio del premier Benyamin Netanyahu. Israele, su indicazione del capo del Mossad David Barnea, ha ritirato la propria delegazione dai negoziati a Doha. Dopo aver rilevato che Hamas ha respinto la proposta di compromesso degli Usa, l'ufficio del premier ha ribadito: «Israele non si arrenderà alle richieste strampalate di Hamas e continuerà ad agire per raggiungere gli obiettivi della guerra».

Israele ritira la delegazione dalle trattative a Doha

Israele ha ritirato oggi la propria delegazione alle trattative in corso a Doha su Gaza. Lo ha detto la radio pubblica israeliana. La decisione ha seguito la presa di posizione di Hamas che, dopo la risoluzione dell'Onu sul cessate il fuoco a Gaza, la scorsa notte ha informato i mediatori del Qatar e dell'Egitto che non avrebbe abbandonato le proprie richieste sui negoziati, tra cui il ritiro dell'esercito israeliano dalla Striscia.

Media: leader Hamas Haniyeh atteso a Teheran

Missione a Teheran per il leader dell'ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh. Lo riferisce la tv iraniana Press Tv, secondo cui Haniyeh ha in programma incontri con i vertici della Repubblica islamica.

Blinken: ci sono alternative a invasione a Rafah

Il segretario di stato Antony Blinken ha parlato di Rafah e degli aiuti umanitari a Gaza con il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant. Lo riferisce il Dipartimento di stato, secondo il quale Blinken ha messo in evidenza che esistono alternative all'invasione di Rafah in grado di assicurare la sicurezza di Israele e tutelare i civili palestinesi. Blinken ha assicurato il sostegno americano ad «assicurare la sconfitta di Hamas, incluso a Rafah», ribadendo l'opposizione a una grande operazione a Rafah.

Usa: nessun motivo di pensare a genocidio a Gaza

Gli Stati Uniti non hanno alcun motivo di pensare che Israele ha commesso atti di genocidio a Gaza. Lo afferma un funzionario americano.

Hamas: informati i mediatori, restiamo sulle nostro posizioni

«Il movimento di Hamas ha informato poco fa i mediatori che il movimento si attiene alla sua posizione e visione presentata il 14 marzo perché la risposta dell'occupazione non ha risposto a nessuna delle richieste fondamentali del nostro popolo e della nostra resistenza:un cessate il fuoco completo, il ritiro dalla Striscia di Gaza, il ritorno degli sfollati e un vero scambio di prigionieri» scrive l'organizzazione su Telegram.«Il movimento ribadisce che Netanyahu e il suo governo estremista hanno la piena responsabilità di aver vanificato tutti gli sforzi negoziali e di aver ostacolato il raggiungimento di un accordo fino ad oggi».

di Anna Guaita

«Cessate il fuoco immediato».

Giunti al quinto mese della guerra a Gaza, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è riuscito ieri ad approvare una risoluzione che stabilisce che le armi debbono tacere, almeno fino alla fine del mese del mese sacro del Ramadan. La risoluzione è stata approvata perché gli Stati Uniti hanno deciso di astenersi, mentre il resto dei membri del Consiglio hanno tutti votato sì, nonostante qualche obiezione dell'ultimo minuto da parte della Russia. Un applauso ha salutato il passaggio del documento, che chiede anche «il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi», oltre all'espansione del «flusso di assistenza umanitaria» e il rafforzamento «della protezione dei civili nell'intera Striscia».

Nonostante quell'applauso, è comunque diffusa all'Onu la consapevolezza che Israele raramente obbedisce alle risoluzioni, nonostante esse abbiano valore vincolante. E difatti ieri il ministro degli Esteri del governo Netanyahu, Israel Katzche, ha avuto una prima immediata reazione che sollevava molti dubbi sulla disponibilità del suo governo di rispettare la richiesta del Consiglio di Sicurezza: «Lo Stato di Israele non interromperà il fuoco. Distruggeremo Hamas e continueremo a combattere finché l'ultimo degli ostaggi non tornerà a casa». Quell'applauso quindi era più una reazione di sollievo per l'astensione Usa, dopo che per tre volte nelle scorse settimane Washington aveva bloccato altre risoluzioni per protesta perché non contenevano una aperta condanna del terrorismo di Hamas. Anche la risoluzione di ieri non la conteneva esplicitamente ma indirettamente, «deplorando» tutti gli attacchi contro i civili e gli atti di terrorismo. Per l'ambasciatore israeliano all'Onu, Gilad Erdan, «il fatto che la risoluzione non condanni l'attacco di Hamas del 7 ottobre è una vergogna». Ma gli Usa questa volta hanno scelto la protesta più mite dell'astensione, un modo per garantire il passaggio della risoluzione, ma anche ennesima conferma che l'Amministrazione Biden è in contrasto crescente con le posizioni intransigenti di Netanyahu.

Sintomatica la reazione di Hamas, che ha espresso soddisfazione per il voto all'Onu, e ha dato la sua «disponibilità ad impegnarci in un immediato processo di scambio di prigionieri che porti al rilascio dei prigionieri di entrambe le parti». Il mondo politico internazionale ha subito espresso sollievo all'approvazione della risoluzione e alla possibilità di una distensione, a cominciare dallo stesso segretario dell'Onu, Antonio Guterres, che da mesi preme per un cessate il fuoco, per arrivare alla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che ha salutato soddisfatta il voto, così come il ministro degli esteri tedesco Annalena Baerbock, e il premier spagnolo Pedro Sanchez che ha «celebrato» la risoluzione, mentre l'Egitto l'ha accolta «con favore». Il portavoce del consiglio di sicurezza della Casa Bianca, John Kirby, ha insistito che la politica statunitense non è in realtà cambiata, e che le priorità restano «la difesa di Israele» e «la soluzione della crisi umanitaria». Spiegazione che non è affatto andata giù a Netanyahu, che ha reagito con malcelata furia ordinando l'immediata cancellazione di una missione di alto livello che doveva arrivare a Washington domani e che doveva discutere con le controparti le possibili alternative all'invasione della cittadina di Rafah.

La missione era stata richiesta personalmente dal presidente Biden in una telefonata a Netanyahu pochi giorni fa, la prima dopo un mese di silenzio. Biden voleva che i propri esperti di strategia militare presentassero ai colleghi israeliani metodi alternativi all'invasione per liberare Rafah da Hamas. Come ha detto Kirby, gli americani hanno «un'importante esperienza nel combattimento nei centri abitati», e pensano che esistano strade meno cruente per espellere gli ultimi battaglioni di Hamas. La possibilità è ora saltata, con sconcerto del leader dell'opposizione israeliana, Yair Lapid, che ha definito la cancellazione della missione da parte di Netanyahu «una mancanza di responsabilità allarmante». Fortunatamente, almeno da un punto di vista diplomatico, il dialogo continua perché a Washington era già atterrato il ministro della Difesa Yoav Gallant, che ha subito informato che non avrebbe cancellato gli impegni con Sullivan, Blinken e Austin. E questo non è l'unico segno di rottura nel governo israeliano: in serata il ministro centrista Gideon Saar ha annunciato di aver rassegnato le dimissioni per divergenze sulla gestione della guerra.
 

 
 

Ultimo aggiornamento: 27 Marzo, 10:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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