La necessità di una nuova politica monetaria

Lunedì 11 Dicembre 2023 di Angelo De Mattia
Sette giorni virtuosi o deludenti? I prossimi potrebbero essere giorni importanti e positivi: domani e mercoledì si riunisce il Comitato monetario della Federal Reserve, giovedì si tiene la seduta del Consiglio direttivo della Bce, mentre in Italia è convocata la Camera per l’esame della questione della ratifica dl Meccanismo europeo di stabilità (Mes); sempre giovedì, si potrebbe riunire il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo, mentre dal successivo lunedì potrà essere convocato l’Ecofin per decidere definitivamente sulla riforma del Patto di stabilità.
La riunione della Fed - i tassi ufficiali sono fissati tra il 5,25 e il 5,50 per cento, mentre l’inflazione si attesta intorno al 3,2 per cento - è importante per conoscere l’orientamento di politica monetaria della Banca centrale americana che un’influenza, sia pur limitata, esercita su altre aree monetarie - dopo la serie di aumenti dello 0,25 per cento e il successivo rallentamento. Soprattutto saranno importanti le stime macroeconomiche per il prossimo che è l’anno dell’elezione del presidente degli Usa e le prospettive del governo della moneta che esplicitamente o implicitamente ne deriveranno. Un allentamento, in relazione al calo dell’aumento dei prezzi, o un segnale di future decisioni in tal senso sarebbero importanti anche per l’Unione, pur nella diversità delle rispettive situazioni, anche istituzionali. Quanto alla Bce, nelle ultime settimane si è susseguita, da parte di esponenti dell’Istituto, la manifestazione di posizioni alternativamente rigoriste e moderatamente realiste. Da ultimo, anche dal “falco” dell’esecutivo, la tedesca Schnabel, è stato espresso l’orientamento per un non ulteriore aumento dei tassi di riferimento oggi fissati al 4,50, 4,75 e 4 per cento, nell’ordine, per il rifinanziamento principale, per quello marginale e per i depositi. È già qualcosa un segnale del genere, ma non dovrebbe bastare, tenuto conto della diminuzione dell’inflazione che si avvicina all’obiettivo del 2 per cento, anche se questo va visto in una prospettiva di medio termine. È vero che non si può cantare vittoria, ma il rischio è che il gravemente errato temporeggiamento nel reagire all’inflazione quando questa saliva e, invece, veniva clamorosamente giudicata dalla Bce come transitoria segua ora un comportamento opposto continuando ad agire come se non esistesse alcun concreto segnale di riduzione dei prezzi. Sarebbe un “bis in idem” che toccherebbe la credibilità della Banca centrale. Va ricordato che il conseguimento del target del 2 per cento fa scattare l’obbligo per la Bce di contribuire alle politiche economiche dell’area. Insomma, occorre una chiara indicazione, magari anche nel corso della conferenza stampa che fa seguito alla riunione del Direttivo, di un mutamento calibrato, e non alle calende greche (qualcuno addirittura parla del prossimo giugno) dell’impostazione rigoristica imperante. E ciò concerne anche la necessaria smentita di un asserito intento di ridurre anticipatamente il programma di acquisto di titoli(Pepp). Comincerebbero così ad attenuarsi, attraverso il riorientamento delle aspettative, i riflessi sui tassi relativi alle operazioni bancarie. Del resto, in Italia, anche dal mondo creditizio - si veda la recente dichiarazione del presidente dell’Abi, Antonio Patuelli - viene prospettata l’esigenza dell’avvio della riduzione dei tassi ufficiali, pure per la preoccupazione dell’impatto sul deterioramento dei prestiti e per la riduzione della domanda di credito, oltreché per motivi generali di politica economica e di finanza pubblica. Come reagiranno quei banchieri del Consiglio Bce che sono espressione dei Paesi cosiddetti frugali? È da vedere, ma ci sarà certamente bisogno di un’aperta battaglia dialettica da parte dei sostenitori della tesi opposta.
Un segnale di apertura di una nuova fase della politica monetaria potrebbe dare un aiuto anche per raggiungere un’intesa sull’accennata rivisitazione del Patto di stabilità. E un punto fondamentale della suddetta intesa riguarda la motivata collocazione, per un periodo transitorio, degli interessi sul debito al di fuori del Patto stesso insieme con determinate categorie di investimenti, e con altri aspetti da riconsiderare: una revisione necessaria se si vuole veramente voltar pagina rispetto all’austerity e non arrivare paradossalmente a fare rimpiangere il Patto ora sospeso. Anche il tema della ratifica del Mes potrebbe trarre beneficio da un mutamento del contesto monetario. Si potrebbe dire che tutto si tiene, se con pragmatismo si intenderà affrontare i singoli problemi.
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