Il nodo dei tassi/ Una politica monetaria per favorire la crescita

Martedì 18 Luglio 2023 di Angelo De Mattia

È sperabile che la riunione del G20 dei ministri finanziari e dei banchieri centrali che continua oggi in India affronti adeguatamente, mentre rallenta la ripresa dell’economia mondiale, anche il tema dell’inflazione a livello globale -un riferimento spesso trascurato nelle analisi nazionali - sia pure con le specificità delle diverse aree.

In Italia ieri l’Istat ha comunicato che l’inflazione ha registrato un incremento su base annua del 6,7 per cento, a fronte del 7,6 del mese precedente, con il contributo del netto rallentamento dei prezzi dei beni energetici e di quelli alimentari lavorati, mentre salgono i prezzi degli alimentari non lavorati. L’inflazione di fondo, al netto cioè dei beni energetici e alimentari - quella che, a livello di Eurozona, la Bce ritiene fondamentale per le proprie decisioni - segnala in Italia una diminuzione ulteriore dal 6 al 5,6 per cento. 
Nell’area dell’euro l’inflazione al consumo, come indica il recente Bollettino economico della Banca d’Italia, scende, ma quella di fondo resta ancora elevata.

Bisognerà aspettare, secondo le proiezioni, il 2025 per arrivare a una discesa dei prezzi al 2,2 per cento.

In Italia, da un lato, si manifesta una crescita dell’occupazione nonché un quadro previsivo riguardante il Pil che nei prossimi trimestri, come segnala il Bollettino, risentirebbe dell’irrigidimento delle condizioni di finanziamento e della debolezza del commercio internazionale (una condizione, quest’ultima, che dovrebbe interessare il G20); dall’altro lato, i prestiti al settore privato non finanziario diminuiscono in conseguenza del rialzo del costo del credito e dell’inasprirsi delle condizioni dell’offerta, ma si riduce anche la raccolta bancaria con una parte dei depositi che si stima sia stata impiegata per investimenti o che sia migrata verso altre forme (più) remunerative. 
Il flusso dei prestiti che presentano ritardi nei pagamenti è in aumento, secondo Bankitalia. A fronte di tutto ciò, si riscontra l’impennata dei tassi sui mutui e, in particolare, su quelli a tasso variabile il cui onere cresce fino al 70 per cento in conseguenza della restrizione monetaria. Si tratta di una condizione che complessivamente riguarda circa un milione di famiglie, come segnala un’indagine della Fabi frequentemente citata in queste settimane. 

Chi ha contratto un mutuo di quest’ultima specie doveva mettere in conto quel che sta accadendo? In astratto, sì; tuttavia, non era facile prevedere gli impatti degli sviluppi di eventi epocali quali la guerra in Ucraina, la crisi energetica, i contrasti geopolitici, la pandemia, le migrazioni. Se addirittura la Bce ha gravemente sbagliato considerando pervicacemente l’inflazione come un fenomeno transitorio, quando invece è risultata ben diversa, non si può ritenere che una larga parte di mutuatari a tasso variabile avrebbe potuto fare stime e proiezioni che la Banca centrale non è stata in grado di formulare correttamente. 
Di qui, la necessità di misure che altre volte abbiamo segnalato su queste colonne da inquadrare in un piano organico, che muova da convergenze tra Abi, Governo, parti sociali, incidendo anche su norme di Vigilanza, a cominciare da quelle dell’Eba, l’Autorità bancaria europea, che ostacolano surroghe e allungamenti di scadenze dei finanziamenti. 

Ma, posto che un’azione di efficace contrasto dell’inflazione deve basarsi su di un raccordo tra politica monetaria, da un lato, e politica economica e dei redditi, dall’altro, a livello europeo ( per quel che è possibile, per le leve attivabili) e a livello nazionale, occorre basarsi sul quadro d’insieme che segnala un allentamento dell’inflazione, ma anche un rallentamento della crescita nell’area e una forte incertezza delle prospettive, mentre la Germania è in recessione tecnica.
In questa situazione si può proseguire con un “continuum” di aumenti da parte della Bce dei tassi di riferimento, a partire da quello che sembra ormai prefissato, per 25 punti base almeno, del prossimo 27 luglio quando si riunirà il Direttivo dell’Istituto centrale?
Non sarebbe opportuna una profonda rimeditazione che arrivi a una revisione della politica monetaria, per un momento almeno superando, da parte dei banchieri centrali, le distinzioni tra “falchi” e “colombe”? 

Certo, i singoli Paesi debbono dare dimostrazioni efficaci delle rispettive politiche; per l’Italia, il tema del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è cruciale insieme con le riforme strutturali e con il lancio di una valida politica industriale e del lavoro, partendo, per quest’ultimo, dalla questione salariale e della produttività totale dei fattori.
Una decisione chiara va assunta per il Mes, anche nella prospettata logica del “pacchetto”, sciogliendo ogni riserva. Ma, poi, quali sono le risposte della Bce? Persisterà nel propinare dosi ulteriori di una medicina che rischia paradossalmente di sfinire il paziente? Come si tutelerà il risparmio e non si danneggeranno le pur incerte prospettive di crescita?

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