Vino, Italia sconfitta dalla Francia: dopo tre anni di primato non è più prima produttrice al mondo

L’andamento climatico ha condizionato la maturazione dell’uva e ridotto i volumi. In controtendenza Lombardia, Veneto e Trentino Alto Adige. Male invece il Sud

Sabato 12 Agosto 2023 di Carlo Ottaviano
Vino, Italia sconfitta dalla Francia: dopo tre anni di primato non è più prima produttrice al mondo

Per ora sono solo previsioni, purtroppo assai attendibili, e dicono che quest’anno la Francia tornerà a conquistare lo scettro di maggior produttore di vino del mondo, nelle mani dell’Italia nelle ultime tre annate. In settimana sono iniziate qua e là le vendemmie, con pesanti perdite di raccolto sia in Italia che in Francia.

Secondo l’ultimo bollettino (dell’altro ieri) di Agreste, il servizio di statistica del ministero dell’Agricoltura francese, la produzione d’oltralpe sarà tra i 44 ed i 47 milioni di ettolitri. 

Le cifre

Anche la loro più pessimistica ipotesi è comunque maggiore della migliore italiana che - stima Coldiretti – dovrebbe a stento raggiungere i 43 milioni di ettolitri contro i 50 milioni della scorsa stagione, facendo entrare il 2023 tra i peggiori anni della storia del vigneto Italia nell’ultimo secolo insieme al 1948, al 2007 e al 2017. Arretra dell’11,5 % (attestandosi a 36,5 milioni di ettolitri) anche la Spagna, in terza posizione. In Italia l’andamento climatico ha inciso profondamente sulla maturazione delle uve e sui volumi prodotti, sia per le gelate primaverili e le pesanti grandinate estive principalmente al Nord, sia per la peronospora, che è ricomparsa con virulenza, soprattutto al Centro Sud, a causa dell’umidità persistente. Il calo - tra il 20 e il 50% – si evidenzia in quasi tutti i 700 mila ettari di vigneto. In controtendenza Lombardia, Trentino Alto Adige e Veneto, dove si spera nel 5% in più dei quantitativi rispetto al 2022. In regioni importanti come Sicilia e Puglia, che rappresentano oltre un quinto di tutto il vino italiano, le perdite sono stimate fino al 40%, mentre in alcune zone tra Molise e Abruzzo si registra un crollo anche del 60% dei grappoli da raccogliere. «In un contesto così complesso - afferma Federico Castellucci, presidente della Federazione vino di Confagricoltura - i viticoltori italiani hanno fatto tutto il possibile, ma sono stati messi a dura prova per contrastare le fitopatie acuite dal clima bizzarro. Per chi fa viticoltura biologica, in alcune zone si prospetta addirittura una vendemmia più che dimezzata in termini di quantità». A favorire la diffusione della peronospora - spiegano i tecnici – sono state le abbondanti piogge di tarda primavera e inizio estate che hanno influito in particolare sulle varietà più sensibili sia in Italia che in Francia. 


«Molte lavorazioni – aggiunge Castellucci – non hanno potuto essere effettuate perché le condizioni climatiche hanno impedito l’accesso ai terreni». Nel lungo elenco delle problematiche, Confagricoltura aggiunge anche la continua presenza dei cinghiali che non risparmiano le vigne e le difficoltà a reperire manodopera, che, per il settore vitivinicolo, rappresenta il 20% del totale delle assunzioni in agricoltura.

Le misure

«Le nuove misure sui flussi - spiega Castellucci – non sono fluide nella gestione burocratica e, nonostante le buone intenzioni e l’apertura del governo alle richieste del mondo agricolo, si arenano ancora sulle pratiche amministrative, troppo lente rispetto ai tempi dettati dalla natura e dalle esigenze delle aziende». Nel giro di pochi mesi si è quindi ribaltata una situazione che vedeva i produttori chiedere a gran voce il ricorso alla distillazione di crisi, così da poter trasformare in alcol gran parte delle eccedenze di vino nelle cantine. Il clima impazzito è arrivato proprio quando l’Ue ha autorizzato le misure d’emergenza per gli eccessivi quantitativi di vini rossi e rosati avanzati dagli anni precedenti e con forti cali nell’export fuori Europa e nei consumi interni. Così, nonostante le autorizzazioni, Abruzzo, Puglia e Campania hanno sostanzialmente rinunciato a molti benefici, mentre Lazio e Sicilia potrebbero parzialmente aderire, ma attendono maggiori certezze dalla vendemmia 2023. «Misure come la distillazione di crisi - spiega David Granieri, presidente di Coldiretti Lazio – non sono sufficienti e non arrivano agli agricoltori, che sono coloro che hanno pagato il prezzo più alto». Secondo Granieri la peronospera ha danneggiato i vigneti con una forbice tra il 20% e il 90% non salvando nessuna delle aree, dai Castelli Romani, al Frascati, alla doc Sabina e ai vigneti di Latina e della provincia di Viterbo. 

Ultimo aggiornamento: 18 Agosto, 17:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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